Una preghiera, un sorriso, un augurio di speranza per questa Pasqua 2020, che sicuramente ricorderemo a lungo…

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A cura di FRANCO CAPANNA (Sindacalista Teramo) * franco.capnna@dconline.info 

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Da un giorno all’altro la fragilità è arrivata tra noi onnipotenti. Fragilità che è anche un valore: chi non lo pensa si legga Eugenio Borgna (“La fragilità che è in noi”, Einaudi, 2014).

Eugenio Brogna

Ma bisogna saperlo, di essere fragili. Altrimenti si è solo spaventati e si assaltano i supermercati per accumulare viveri (e magari fino a ieri si guardavano con disprezzo i “morti di fame” che dormono per strada o arrivano coi barconi).

Per esempio, è fondamentale mettere a fuoco che l’aumento di casi in Italia non ha le caratteristiche della pandemia, né dell’epidemia.

Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità il termine esatto è “focolai epidemici”. Inoltre è probabile che i nostri numeri, così alti rispetto agli altri Paesi europei, dipendano da uno “screening” più accurato.

Emanuele Capobianco

Come sottolinea tra gli altri Emanuele Capobianco, direttore salute di Croce Rossa Internazionale, sappiamo che nell’80% dei casi il “terribile” Coronavirus causa sintomi lievi, che non richiedono ospedalizzazione.

Allo stesso tempo però, come hanno ampiamente spiegato Roberto Burioni e gli esperti della “Fondazione Veronesi”, è sbagliato sminuire il pericolo e liquidarlo a «poco più di un’influenza».

I rischi ci sono e vanno assunti con responsabilità. Verso di sé e verso gli altri. In questi giorni e nei prossimi vivremo in balia dello spaesamento. Il nostro futuro (anche per piccole azioni, come programmare un viaggio o andare ad un concerto) è stranamente incerto.

Roberto Burioni

Ci richiede momenti di sosta e di sintonizzazione con la fragilità. Abbiamo bisogno di lucidità e competenza, di parole ragionate da appoggiare sia sui tormenti delle nostre preoccupazioni, sia sulla fretta della nostra superficialità magari complottista (tipo «ci stanno tutti prendendo in giro»).

Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie; le mascherine lasciatele a chi è malato l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque; il pericolo è guardare a ogni nostro simile come a una minaccia, come a un potenziale aggressore.

Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, e non è poco credetemi. Intanto ci auguriamo che arrivi presto, metaforicamente, la proverbiale “pioggia manzoniana”, quella che lava via il contagio e la paura.

La terribile pestilenza a Milano descritta nel celebbrimo romanzo de “I Promessi Sposi”

Le passioni, quelle intime e quelle civili, aumentano le difese immunitarie. Essere entusiasti per qualcuno o per qualcosa ci difende da molte malattie.

Leggere un libro piuttosto che andare al centro commerciale. Fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria. Camminare in campagna o in paesi quasi vuoti.

Capire che noi siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre le piante resterebbero al mondo anche senza di noi. Stare un poco di tempo lontani dai luoghi affollati può essere un’occasione per ritrovare un rapporto con la natura, a partire da quella che è in noi.

Viaggiare nei dintorni. Il turismo è una peste molto più grande del coronavirus. È assurdo inquinare il pianeta coi voli aerei solo per il fatto che non sappiamo più stare fermi.

Sapere che la vita commerciale non è l’unica vita possibile, esiste anche la vita lirica. La crisi economica è grave, ma assai meno della crisi teologica: perdere un’azienda è meno grave che perdere il senso del sacro.

Il potere della ragione contro il contagio della paura.

La vita è pericolosa, sarà sempre pericolosa, ognuno di noi può morire per un motivo qualsiasi nei prossimi dieci minuti, non esiste nessuna possibilità di non morire.

Dunque gli uomini si sono reclusi e gli animali sembrano riappropriarsi del territorio.
In Italia e in molti altri paesi in cui è stato applicato il lockdown, si è assistito ad un apparente ritorno della fauna nei centri urbani, diverse osservazioni si sono però rivelate false.

Cinghiali, istrici, delfini, anatre e persino un puma. Da quando molte nazioni sono entrate in quarantena per contrastare la diffusione del coronavirus lasciando così semi deserti centri urbani e strade, sembra che gli animali ne abbiano approfittato per riaffacciarsi, più o meno timidamente, in quegli spazi da cui erano stati cacciati a forza dalla dilagante antropizzazione.

La narrazione della natura che riprende i suoi spazi risulta affascinante soprattutto in questi tempi cupi ed accettarla in maniera acritica Riguarda in particolare specie dalla spiccata plasticità ecologica, in grado di adattarsi alla vita nell’ambiente urbano, come ricci ,volpi  e numerose specie di uccelli.

Lo scrittore israeliano David Grossman

Effettivamente diversi animali sono stati osservati in luoghi e orari inusuali.e alcuni di loro potrebbero chiedersi il perché di tanta quiete.E’ normale con milioni di persone segregate in casa, le strade deserte che può consentire di capire meglio la” effetto del disturbo antropico sui ritmi di”attività dei mammiferi.

David Grossman:”dopo la peste torneremo ad essere umani”.

Ci saranno nuove priorità. diremo addio al superfluo e sì alla tenerezza. Il futuro dopo l’epidemia immaginato dal grande scrittore israeliano.

Il cambiamento, pur nel dolore e sacrificio estremo non è infine una minaccia distruttiva ma una condizione dell’esistenza. Ci sono persone pronte a cogliere i segni del cambiamento in modo da non trovarsi spiazzati. Determinante riscoprire i valori umani e spirituali come la certezza dell’amore personale ed eterno che Dio ha per ciascuno di noi.

 

A cura di FRANCO CAPANNA (Sindacalista Teramo) * franco.capnna@dconline.info 

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