Equinozio d’autunno 2018, ecco perché non è stata il 21, ma cade di 23 Settembre 2018

Anche se comunemente si pensa cada il 21, l'equinozio d'autunno 2018 non è oggi, ma il 23. Un cambio di stagione astronomica "in ritardo" per via dell'irregolarità del moto terrestre attorno al sole, che non dura un anno esatto, ma 365 giorni e 6 ore.

Equinozio d’autunno 2018, ecco perché non è stata il 21, ma cade di 23 Settembre 2018

L’equinozio d’autunno, ovvero il momento in cui comincia l’autunno e finisce l’estate, è anche quello in cui il giorno e la notte hanno la stessa durata; e quest’anno cade oggi, il 23 settembre, almeno per noi che abitiamo nell’emisfero boreale. L’equinozio è un istante, non un giorno, e avviene quando il Sole si trova allo zenit dell’equatore della Terra, vale a dire esattamente sopra la testa di un osservatore che si trovi  sulla linea dell’equatore. 

L’equinozio di autunno 2018 è arrivato anche se sembrava che il caldo di queste giornate settembrine non volesse lasciar spazio alla stagione delle piogge, delle dorate foglie danzanti degli alberi, delle giornate che si accorciano. Eppure, come direbbe qualche cantante, l’estate è già finita e l’autunno è ormai dietro l’angolo. A confermarlo ci pensano le previsioni meteo che annunciano per la prossima settimana un brusco crollo delle temperature e maltempo in quasi tutta la penisola. Ma quando cade esattamente l’equinozio? Quest’anno il primo giorno d’autunno è domenica 23 settembre, precisamente alle 03:54, ora italiana.

Perchè non il 21? – Nonostante ciò che si pensi comunemente, le stagioni non sempre cambiano il giorno 21. Questo perché la Terra non ci impiega esattamente un anno a ruotare intorno al Sole, ma lo fa in circa 365 giorni e 6 ore. Perciò ogni anno per tornare nell’esatto punto dell’orbita la Terra ci impiega 6 ore in più. Un tempo che viene poi recuperato ogni 4 anni con l’aggiunta del 29 febbraio (6 ore all’anno x 4 anni = 24 ore, ovvero un giorno) nell’anno bisestile.

Perchè si chiama così? Il termine ‘equinozio’ deriva dal latino “aequa-nox“, cioè “notte uguale” in riferimento alla durata della notte uguale a quella giorno. L’equinozio è quel momento della rivoluzione terrestre in cui il Sole si trova allo zenit dell’equatore e in cui i raggi solari colpiscono la Terra perpendicolarmente. Per questo il periodo diurno e quello notturno sono uguali, 12 ore circa ciascuno.

Il termine equinozio, infatti, deriva dall’unione di due parole latine: “aequa” uguale, e  “nox” notte, ad indicare come in questo particolare giorno dell’anno che segna il cambio di stagione astronomica, il dì e la notte siano di uguale durata. Un fenomeno non poi così strano, quello dello slittamento dell’equinozio d’autunno, che si spiega considerando l’irregolarità del moto terrestre attorno al sole: un moto che non dura esattamente 365 giorni, ma 365 giorni e 6 ore. Da qui l’aggiunta del 29 febbraio, un giorno che ogni quattro anni serve a recuperare il ritardo del nostro pianeta nel tornare nell’esatto punto dell’orbita. Un ritardo che spiega anche lo slittamento dell’equinozio.

COSA VEDERE IN CIELO – Ricordate l’eclissi di Luna, Venere, Marte visibile “a pochi passi” dalla Terra? Purtroppo la fine dell’estate si sta portando via anche questi fantastici spettacoli “che ci hanno accompagnato in questi ultimi mesi”, sottolineano gli astrofili. Il primo a sparire è Venere: “sempre più vicino al Sole in termini di distanza angolare, negli ultimi giorni di settembre diventerà quasi inosservabile, ormai molto basso sull’orizzonte occidentale”, spiegano gli esperti. Ma bando alla malinconia, Marte rimarrà ancora visibile a settembre, un mese che gli astrofili considerano “ottimo per osservare le stelle cadenti, dato che le notti cominciano ad allungarsi, il clima diviene più mite e il numero delle sporadiche, che si assommano alle meteore dei vari sciami, raggiunge nel nostro emisfero il suo massimo annuale”. Quindi munitevi di coperte e qualche thermos di caffè perché il numero maggiore di stelle cadenti che squarcieranno il cielo settembrino sarà evidente prima dell’alba. Andate in campagna, o comunque lontano dalla città. Buono spettacolo e buon inizio d’autunno.

di Antonio Gentile

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Giordana
5 anni fa

di Antonino Zichichi
La data della Pasqua ha dato vita al calendario destinato a restare nei secoli dei secoli un’opera perfetta.
Nessuna civiltà era riuscita a elaborare un calendario come quello che la nostra cultura ha saputo scoprire. Tutto nasce dall’evento mistico più importante per la Chiesa cattolica: la Risurrezione di Gesù Cristo. I vescovi del Concilio di Nicea (325 d.C.) decisero di dare alla Pasqua non una data nel calendario giuliano, ma ciò che la concezione mistica del Tempo aveva tramandato. La Pasqua doveva quindi cadere la prima domenica successiva alla prima luna piena che segue l’equinozio di primavera. Nasce così l’esigenza di conoscere la data esatta dell’equinozio di primavera che non può essere né in ritardo né in anticipo, rispetto alla data che indica il calendario. Che il calendario giuliano non fosse perfetto era noto ai vescovi del Concilio di Nicea. E infatti fu proprio in quegli anni che l’equinozio di primavera venne spostato dal 25 marzo – come voleva il calendario giuliano – al 21 marzo. Il motivo essendo gli effetti del terzo movimento della Terra. L’anno giuliano ha circa un centesimo di giorno in più di quello che dovrebbe avere, per essere in sincronia con l’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al Sole. È da questa inclinazione che dipende l’equinozio di primavera. Se l’asse attorno a cui ruota a trottola la nostra Terra fosse fisso nello spazio cosmico il legame tra data di calendario e susseguirsi delle stagioni resterebbe fisso nei secoli. L’asse della trottola-terra invece si muove: di questo terzo movimento è dotato il satellite del Sole su cui abbiamo il privilegio di essere imbarcati. È un movimento molto lento, lentissimo.
Per far un giro completo, l’asse terrestre impiega quasi 26.000 anni. Il calendario giuliano non teneva conto degli effetti di questo terzo movimento sull’equinozio di primavera, da cui dipende il giorno della Risurrezione di Cristo. Dai tempi dell’adozione del calendario giuliano erano passati 370 anni e si erano quindi accumulati quasi quattro giorni di ritardo rispetto al giorno corretto per l’equinozio di primavera. Ecco il motivo dell’avanzamento dal 25 al 21 marzo, per la data dell’equinozio di primavera, deciso dai vescovi del Concilio di Nicea. Oggi l’equinozio di primavera è sempre il 21 marzo e così resterà nei secoli grazie al calendario gregoriano, che tiene conto del terzo movimento della Terra. L’interesse nella data esatta dell’equinozio di primavera era di natura strettamente religiosa. Tutti i calendari di tutte le epoche e civiltà avevano come obiettivo il sincronismo delle stagioni con le date del calendario. Sapere cosa indica un calendario quando ci sono in gioco le stagioni e i solstizi è certamente molto importante. Ne sanno qualcosa i Romani quando, con il loro calendario che aveva solo dieci mesi – ancora oggi i nomi sono rimasti settembre (settimo), ottobre (ottavo), novembre (nono), dicembre (decimo) nonostante settembre sia il nono, ottobre il decimo, novembre l’undicesimo e dicembre sia il dodicesimo mese del calendario –, si trovarono ad avere l’estate mentre il calendario indicava l’inverno e l’inverno quando diceva estate. Corsero ai ripari aggiungendo due mesi. Il sincronismo tra data di calendario e stagioni si articola su un periodo molto lungo: i quasi duecento giorni (per l’esattezza 183) che separano la stagione estiva da quella invernale. La concezione mistica del Tempo focalizza invece il sincronismo su un solo giorno: l’equinozio di primavera, cui è legata la data della Risurrezione di Gesù Cristo. Fu Dionigi il Piccolo (500-560 d.C.) ad avere del Tempo una concezione mistica e Aloysius Lilius di Cirò in Calabria (1510-1576 d.C.) ad avere elaborato il legame perfetto tra equinozio di primavera e Pasqua di Risurrezione. Lo studio di Aloysius Lilius dette vita al calendario gregoriano promulgato da Gregorio XIII (1502-1585) nel 1582. Nascono così le radici del calendario perfetto che si ottiene sottraendo al calendario gregoriano tre giorni ogni diecimila anni.
Con il calendario gregoriano perfetto lo sfasamento tra stagioni, che col calendario romano avveniva dopo pochi anni, avviene dopo milioni di anni.
Quando il calendario gregoriano venne promulgato da Gregorio XIII, il 24 febbraio 1582 a Mondragone, Galilei era appena diciottenne. Ed è con lui che viene fuori un’altra grande conquista della cultura cattolica: il cannocchiale di alta precisione che nel 1609 Galilei decise di puntare verso il cielo per conoscere la verità sulla logica seguita da Colui che ha fatto e stelle e pietre. Era infatti ferma convinzione di Galileo Galilei che per venire a capo di questa logica fosse necessario porre domande al suo Autore. E le domande potevano essere di due classi diverse. Osservazioni rigorose di ciò che sta nei cieli ed esperimenti qui sulla Terra. Osservando i cieli Galilei scoprì sette straordinarie verità: le montagne della Luna, le macchie solari, i satelliti di Giove, le fasi di Venere, gli anelli di Saturno, la Via Lattea che non è luce riflessa dal Sole ma prodotta da miliardi di stelle e il fatto che il Sole ruota a trottola come fa la Terra. Fu così che Galilei divenne il più grande astronomo di tutti i tempi. Realizzando esperimenti qui sulla Terra Galilei scoprì le prime leggi fondamentali della Natura. Nessuno prima di lui aveva avuto l’idea di legare una pietra con uno spago e, fissandone un estremo al soffitto, studiare come oscilla. Galilei scoprì che le oscillazioni, se limitate nell’ampiezza, sono isocrone. Per fare questo aveva bisogno di un orologio. Usò il ticchettio del polso che mediamente batte al ritmo di un colpo al secondo. Nasce così il pendolo che ci ha portato in appena quattro secoli a una precisione nella misura del Tempo che è, oggi, di un secondo ogni vita d’universo: venti miliardi di anni. Non solo il calendario perfetto, ma l’astrofisica moderna e la scienza sono conquiste della nostra cultura che ha nei vescovi di Nicea, in Dionigi il Piccolo, in Aloysius Lilius, Gregorio XIII e Galileo Galilei le colonne portanti della grande alleanza tra fede, ragione e scienza, come insegna oggi Benedetto XVI. Galilei, per atto di fede nel Creatore, decise di puntare il suo telescopio verso il cielo e di studiare non solo le stelle ma anche le pietre in quanto entrambe opera dello stesso Autore. Aspetti pratici come le consuetudini pagane legate alla ‘festa di primavera’, le questioni di potere legate all’esazione fiscale e le problematiche matematico-astronomiche sono problemi di natura diversa, che però invitano ciascuno di noi a molte riflessioni sulla sfera trascendentale della nostra esistenza quando emerge in modo semplice un dettaglio: il calendario perfetto e la scienza avrebbero potuto essere il trionfo della cultura atea; esse sono invece nate nel cuore della nostra cultura.
Giordana Di Giacomo
( M A P )