LE ORIGINI DELLA TRISTEZZA – L’OTTAVO VIZIO CAPITALE

LE ORIGINI DELLA TRISTEZZA – L’OTTAVO VIZIO CAPITALE

di FRA’ EMILIANO ANTONUCCI  – (DA “IN TERRIS”)

Se c’è un inferno in terra, si può trovarlo nel cuore d’un uomo triste”. (Burton)

“Non perdete il vostro tempo a piangere il passato, a piangere sull’avvenire. Vivete le vostre ore, i vostri minuti. Le gioie sono come i fiori che la pioggia macchia e il vento disperde”. (Remy De Gourmont).

La bocca del leone

Secondo la Chiesa orientale la tristezza è l’ottavo vizio capitale, cioè l’ottavo “pensiero malvagio” collegato alla pigrizia, all’avarizia, all’ira e all’invidia. Che cos’è la tristezza? E’ lo sguardo rivolto su se stesso, invece la gioia è lo sguardo rivolto su Dio e gli altri.

L’uomo, nella sua condizione paradisiaca, non conosceva la tristezza che è entrata nel mondo per mezzo del peccato. In principio era la Gioia, poi venne la mestizia introdotta dal maligno con l’assenso dell’uomo. Evagrio Pontico chiama questo peccato “la bocca del leone” che divora colui che rattrista o “il verme del cuore” che elimina la pace e la gioia interiore.

Giovanni Cassiano scrive qual è la sua origine: “A volte la tristezza è conseguenza dell’ira che l’ha preceduta, oppure è generata da un desiderio frustrato o da qualche guadagno mancato – quando cioè uno si vede svanire la speranza che nutriva per questa o quella cosa. Altre volte, poi, anche senza alcun motivo apparente che ci spinga a cadere in questo precipizio, ma solo perché pungolati dal nostro astuto Nemico, ci sentiamo improvvisamente oppressi da una così grande afflizione”.

Bisogna donare con gioia come ci ricorda San Paolo: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia (2 Cor 9,7)”.

San Francesco nella sua regola chiede “l’obbedienza” ai suoi frati di non essere tristi: “E si guardino i frati dal mostrarsi tristi (cfr. Mt 6,16) all’esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti ma si mostrino lieti nel Signore (cfr. Fil 4,4) e giocondi e garbatamente allegri (Ff 27)”.

Madre Teresa su questo argomento era molto rigida. Se vedeva una suora che andava negli slum di Calcutta con il viso triste, non la mandava tra i poveri, ma gli chiedeva di ritornare a pregare e cambiare il “look” del viso con il sorriso. Non basta solo servire il Signore, ma servirlo con gioia è fondamentale.

Rimedi

Quali sono i rimedi?

  • Non “fissarsi” troppo sui problemi della vita.
  • Sdrammatizzare la realtà e trovare il lato comico nelle varie situazioni quotidiane.
  • Pensare positivo (Uno vive come pensa: “pensa bene e vivi bene”).
  • Sorridere di se stessi (Beati coloro che ridono su se stessi non finiranno mai di divertirsi!)
  • Coltivare amicizie che “fanno sorridere il cuore” (non isolarsi).

Donare un sorriso

Ogni giorno dare un sorriso costa poco, dona tanta serenità e pace intorno a noi. Sorridere signica regalare un “tratto di Dio”, “un segno di umanità” e “un gesto di fraternità”.

Dare un sorriso a chi è spento dalla vita, dona forza e coraggio per andare avanti. Sorridere è la nostra missione, non tanto per fare i “pagliacci”, ma in quanto “folli di Dio” ogni giorno riempiti nel cuore di una felicità immensa e indescrivibile che è l’Amore del Signore.

Scrive Giulio Busi, uno studioso di ebraismo: “Secondo Nahman di Bratslav, la gioia è l’unico strumento di cui disponga l’uomo per accostarsi a Dio: ‘Quando si è sempre lieti è possibile aprire il proprio cuore e mostrare ciò che è in esso davanti al Signore, sia Egli benedetto, mentre se si è afflitti dalla tristezza non si riesce nemmeno a concentrarsi’.

Anziché costruire una distrazione o una minaccia per la devozione religiosa, il riso diviene dunque un ausilio alla concentrazione, l’unica attitudine dell’animo nella quale si possano cercare i propri pensieri”.

Concludiamo con due preghiere bellissime, una per i momenti meno belli e un’altra per il buon umore da recitare ogni giorno (questa preghiera la recita ogni giorno Papa Francesco).

Per i momenti di tristezza

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Improvvisamente un’immensa pesantezza è caduta su di me, e non so dove fuggire. Non ho più voglia di vivere. Dove sei Signore? Trascinato senza vita, verso un deserto immobile, soltanto ombre circondano le mie frontiere. Come posso uscirne? Pietà di me, mio Dio… Come una città assediata, mi circondano, mi opprimono, mi soffocano l’angoscia, la tristezza, l’amarezza, l’agonia. Come si chiama tutto questo? Nausea? Tedio della vita? …Non dimentico, Gesù, Figlio di Dio e servo del Padre, che là, nel Getsemani….il tedio e l’agonia ti oppressero fino a farti versare lacrime e sangue. Una pesante tristezza di morte inondò la tua anima, come un mare amaro…Ma tutto passò!

Io so, che anche la mia notte passerà. So che squarcerai queste tenebre, mio Dio, e domani spunterà la consolazione. Cadranno le grosse mura e di nuovo potrò respirare. La mia anima sarà visitata e tornerà a vivere… Grazie, mio Dio, perché tutto è stato un incubo, soltanto l’incubo di una notte che è già passata. Adesso donami pazienza e speranza. E si compia in me, la Tua volontà, mio Dio. Amen”. (Ignacio Larrañaga)

Per il buon umore

“Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire. Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla. Donami, Signore, un’anima semplice che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male ma piuttosto trovi sempre il modo di rimetter le cose a posto.

Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo ingombrante che si chiama ‘io’.

Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po’ di gioia e farne parte anche agli altri. Amen”. (San Tommaso Moro)

di FRA’ EMILIANO ANTONUCCI (DA “IN TERRIS”)