Il restyling del “Padre Nostro“ di Papa Francesco.

Sul Pater Noster, la più importante preghiera cristiana, si volta pagina. Sollecitati da papa Francesco, il miliardo e 300 milioni di cattolici sparsi in tutto il mondo.

Il restyling del “Padre Nostro“ di Papa Francesco.

Cambia il Padre Nostro: una decisione di Papa Francesco, che ha notato come la traduzione della preghiera fosse sbagliata.

Da novembre cambierà il “Padre Nostro”, una delle preghiere più conosciute e importanti della religione cattolica. Il passaggio “incriminato” è quello che recita “non indurci in tentazione” che diverrà “non abbandonarci alla tentazione”.

Una questione lessicale che può apparire semplice, ma che si porta dietro invece una serie di risvolti teologici. La traduzione “sbagliata” della preghiera è già stata modificata in Spagna e in Francia. A novembre, dopo che sarà approvata dalla Conferenza episcopale dei vescovi, la “correzione” arriverà anche in Italia.

Padre Nostro che sei nei cieli… Questa è probabilmente la preghiera più famosa di tutte, la prima che impariamo al catechismo e quella che tutti ricordiamo a memoria, insieme all’Ave Maria. Eppure su questa straordinaria invocazione al Signore potrebbe presto esserci una piccola variazione. Niente da re-imparare, non preoccupatevi, soltanto un piccolo dettaglio “filosofico” che ha notato Papa Francesco guardando il testo italiano del Padre Nostro, che ovviamente è una preghiera internazionale, nata dall’evangelista Matteo (6:9-13) e poi tradotta in tutte le lingue del mondo, dal latino fino ad arrivare all’italiano e alle altre lingue moderne. Rispondendo alle domande dei giovani al Circo Massimo, Papa Francesco ha fatto notare un difetto di traduzione nella versione italiana della preghiera, un errore che aveva già evidenziato in passato: “Nella preghiera del Padre Nostro c’è una richiesta: ‘Non ci indurre in tentazione’. Questa traduzione italiana recentemente è stata cambiata, perché poteva suonare equivoca. Può Dio Padre ‘indurci’ in tentazione? Può ingannare i suoi figli? Certo che no. Infatti una traduzione più appropriata è: ‘Non abbandonarci alla tentazione’. Trattienici dal fare il male, liberaci dai pensieri cattivi”.

A volte le parole, anche se parlano di Dio, tradiscono il suo messaggio d’amore. A volte siamo noi a tradire il Vangelo”, ha quindi spiegato Papa Francesco. Insomma, un piccolo accorgimento sul “non ci indurre in tentazione”. Un’osservazione brillante e molto arguta da parte del Pontefice: “A volte le parole, anche se parlano di Dio, tradiscono il suo messaggio d’amore. A volte siamo noi a tradire il Vangelo”. Chissà se adesso si interverrà sul Padre Nostro cambiando qualche parola al suo interno. Il Padre Nostro, altrimenti noto come Preghiera del Signore (in latino Oratio Dominica), è la più conosciuta delle preghiere cristiane. Riportata nel Vangelo secondo Matteo durante il Discorso della Montagna, è stata poi ripresa in forma più breve nel Vangelo secondo Luca (11,1).

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.

Ad appoggiare la scelta di Bergoglio è, tra gli altri, monsignor Bruno Forte, teologo e membro del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, oltre che della Pontificia Accademia di Teologia. All’AdnKronos ha sottolineato come “Papa Francesco ha perfettamente ragione, nel considerare come una cattiva traduzione in italiano il passo del non indurci in tentazione contenuto nella preghiera del Padre Nostro. Il testo originale in greco del Nuovo Testamento usa un verbo causativo. L’originale ha proprio questo significato, una invocazione affinché il Signore non permetta che noi cadiamo nella tentazione e ci dia tutti gli aiuti per superarla, ferma restando la nostra libertà di accogliere oppure no tali aiuti. Questo è il significato autentico della preghiera”.

Ma chi dovrebbe avere la parola finale sulla questione? Come ricorda Bruno Forte, “le traduzioni liturgiche sono affidate alle Conferenze Episcopali, nel caso italiano dunque alla Cei, che potrebbe sottoporre la sua proposta alla Santa Sede per una approvazione. Da tempo si è portata avanti la proposta di cambiare la traduzione italiana, che io stesso ho sostenuto con varie argomentazioni inviate alla Congregazione vaticana per il culto divino. Finora non è avvenuto, ma speriamo che possa avvenire presto, anche dopo questo intervento di Papa Francesco. Sarebbe davvero auspicabile.

La richiesta di non cedere durante la persecuzione prepara l’ultima petizione, quella di essere liberati dal maligno (non dal “male”). La contrapposizione tra il Padre e il maligno, tra colui che comunica vita e colui che la può distruggere, marca l’inizio e la fine della preghiera. La fedeltà al Padre suscita avversione e persecuzione, ma questa anziché indebolire la comunità la irrobustisce e la rende testimone visibile del suo amore incondizionato per l’umanità.