Dopo il caso Genova : in Italia “scoperti” 300 ponti pericolanti e 58% di scuole non è a norma

Dopo il crollo sull’A10, i controlli sulle infrastrutture hanno portato alla chiusura di numerosi viadotti in tutta la Penisola. L’ultimo, in ordine di tempo, è quello sull’Adda, snodo fondamentale per la viabilità lombarda. Ci vorranno due anni per metterlo in sicurezza

Dopo il caso Genova : in Italia “scoperti” 300 ponti pericolanti e 58% di scuole non è a norma

di Antonio Gentile su ilpopolo.news

“Dopo crolli e terremoti emergono dati chiari sulla situazione dell’edilizia italiana: circa 11mila ponti e gallerie che necessitano di controllo e manutenzione, sparsi in tutta Italia, e 272 solo in Lombardia, su un totale di 45mila infrastrutture in funzione; trecento i ponti considerati a grave rischio, con criticità di livello 1, secondo le denunce degli esperti”. Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, apre così la seconda giornata del 26esimo Forum organizzato a Santa Margherita Ligure.
“Solo in zona Milano si vedono tre ponti, 10, 12 e 14, sullo svincolo 26 della superstrada Milano Meda che, secondo una perizia, andavano già chiusi, ma che la Provincia assicura monitorati e in attesa dell’avvio dei lavori attesi per il prossimo anno”.

Insieme alla chiusura, Rfi ha deciso anche di anticipare gli interventi previsti sul ponte San Michele. Il primo, programmato per la fine di ottobre per un costo di 1,5 milioni, alleggerirà la soletta stradale sopra il ponte. Il secondo per un importo di 19 milioni e mezzo servirà a sostituire tutte le aste metalliche, cioè le componenti che uniscono i due grandi archi paralleli ma anche i due piani della gabbia metallica in cui corrono i treni. Un lavoro lento e graduale che porterà via molto tempo: «Fino a due anni di possibile chiusura» ha annunciato in Prefettura a Bergamo il direttore territoriale Lombardia di Rfi, Luca Cavacchioli. Con la possibilità di anticipare, rispetto al termine dei 24 mesi, l’apertura della strada, che veniva utilizzata ogni giorno da 30 mila automobilisti.

Quella del ponte San Michele sull’Adda è l’ultima di una lunga serie di chiusure dopo la tragedia di Genova, che ha portato a maggiori controlli delle infrastrutture in tutta Italia.Su un totale di 45 mila infrastrutture in funzione, circa 11 mila ponti e gallerie hanno bisogno di controlli e manutenzione. Dal 14 agosto, giorno del crollo del ponte Morandi, c’è stata un’accelerazione sui controlli con molti ponti chiusi al traffico. A Roma è stato chiuso per motivi di sicurezza il ponte della Scafa verso l’aeroporto di Fiumicino. Il ponte San Nicola a Benevento, realizzato dall’ingegnere Morandi, è stato chiuso dal sindaco Clemente Mastella. A Milano è stato chiuso per manutenzione e poi riaperto il ponte della ferrovia in viale Fulvio Testi, come chiuso al traffico è il ponte Nuovo sul Reno, in provincia di Bologna. Altri due ponti sono stati chiusi nel Comune di Sestri Levante, quelli sui torrenti Gromolo e Petronio. A Monteriggioni, in provincia di Siena, è stato chiuso un altro ponte per rischio crollo. Stesso discorso in Molise, dove è stato chiuso il ponte sul Sente, tra i più alti d’Europa. In provincia di Messina sulla Statale 114 sono stati chiusi i ponti Agrò e Fiumedinisi di competenza dell’Anas, che monitora un altro ponte a Catanzaro. È però difficile riuscire a individuare il numero esatto di chiusure. In Italia infatti non esiste un censimento preciso di ponti e cavalcavia, dato che le infrastrutture sono gestite da enti diversi, come l’Anas, le concessionarie, le Regioni e soprattutto i Comuni. Sono questi ultimi infatti ad avere in gestione la gran parte delle strade italiane, ben 1,3 milioni di chilometri. Ma neppure l’Anci ha una mappatura esatta della situazione.

Ancora notizie “scoraggianti” sul fronte dell’edilizia scolastica, “a cui i fondi stanno arrivando, ma sono insufficienti: il 58% delle scuole, che si riaprono proprio in questi giorni, non risponde alle norme antincendio e il 53% necessita anche di un adeguamento antisismico”, elenca. La situazione non migliora per gli immobili residenziali: su un totale di oltre dodici milioni, si contano oltre due milioni di unità abitative in mediocre o pessimo stato.

Più di quattro scuole italiane su dieci si trovano in zone del Paese dove possono verificarsi terremoti “fortissimi” o “forti”L’86 per cento di queste, 13.054 su 15.055, non seguono le norme antisismiche. Il 43 per cento del totale degli istituti inseriti nelle prime due fasce di rischio (su quattro), dove ogni mattina si recano bambini, ragazzi e insegnanti, sono stati costruiti prima del 1976, anno dell’entrata in vigore della normativa. In zona 1 sono il 34,4% delle strutture totali (866 su 2.514).

Sono sempre scuole italiane a rischio crollo.

Questi sono i numeri più significativi del rapporto “Ecosistema Scuola” di Legambiente, che racconta che il 48,9% degli edifici hanno goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi cinque anni mentre il 43,6% degli edifici necessita di interventi di manutenzione urgente e soltanto nel 29,3% è stata eseguita la verifica di vulnerabilità sismica e solo il 13,8% degli edifici è stata costruita secondo criteri antisismici. Repubblica oggi illustra dati e numeri del rapporto:

I dati del rapporto riguardano l’85 per cento circa del patrimonio scolastico italiano, dato che soltanto 36mila strutture, a fronte delle oltre 42mila inserite nell’Anagrafe scolastica, sono presenti nella banca dati del Miur con informazioni relative all’anno scolastico 2015/16. «L’edificio scolastico – spiega Rossella Muroni, presidente di Legambiente – dovrebbe essere il racconto delle potenzialità di un Paese. Il futuro si costruisce in ambienti adeguati, per questo alla base di una “buona scuola” devono esserci, prima di tutto, sicurezza e qualità infrastrutturale ed energetica». E lo studio vuol proprio essere uno stimolo ad andare in questa direzione: «Non vogliamo vedere più scuole lesionate e inagibili come quella di Casamicciola dopo il terremoto di Ischia di questa estate».

di Antonio Gentile