“Afghanistan simbolo del fallimento Usa”. Perchè il ritiro di Trump?

Se i colloqui di pace tra Stati Uniti e talebani portassero davvero alla conclusione della lunga guerra nata dall'11 settembre sarebbe una svolta storica. Ma si lascerebbe il campo aperto a molte incognite.

“Afghanistan simbolo del fallimento Usa”. Perchè il ritiro di Trump?

Con il ritiro delle truppe americane si lasceranno interi territori in mano a coloro i quali siamo andati a combattere nel 2001. Il ritiro dall’Afghanistan segna il definitivo fallimento della dottrina americana elaborata 18 anni fa, la dottrina della “frontiera avanzata”. Dottrina della quale si è parlato poco, soprattutto in Italia dove si tende a ragionare poco sulle strategie e le ragioni che stanno dietro a quanto accade nel mondo.

Nel 2001 si usò l’attentato alle Torri Gemelle per mettere in pratica un piano di presenza statunitense in Medio Oriente e in Asia. L’11 Settembre è stato una foglia di fico, visto che il commando terrorista era guidato da un saudita e l’Afghanistan aveva poco a che fare con quanto accaduto. La volontà di Washington era quella di mettere in atto il progetto dei neoconservatori, vale a dire mettere un piede in Asia. L’Afghanistan, d’altra parte, è in una zona strategica vicina a Paesi fondamentali per la politica americana di allora e anche di oggi: il Pakistan, Paese armato fino ai denti con bombe nucleari, l’India e la Cina. Gli Usa avevano deciso di infilarsi non sono con le navi nel Golfo ma anche con centinaia di migliaia di uomini nel cuore dell’Asia. L’Afghanistan era solo una scusa per un gioco molto più grande.

Quella frontiera è prima andata avanti di tremila chilometri rispetto a dov’era ai tempi di Arafat e dei palestinesi e ora è tornata sul Mediterraneo con Hezbollah. Siamo andati avanti e indietro. Dopo 18 anni i Paesi occidentali in Asia hanno preso botte a destra e sinistra, l’India non si è spostata di un millimetro, il Pakistan che doveva diventare l’avamposto strategico degli Usa è sempre più destabilizzato e ridotto a semi colonia di Pechino e la Cina è sempre più forte. I risultati dell’operazione “frontiera avanzata” sono fallimentari. La guerra è tornata sul Mediterraneo e gli americani non ci sono nemmeno più a tutelare Israele e i Paesi europei. E il vuoto è riempito da Putin. Se non si fa questo ragionamento ampio non si capisce nulla non solo di quanto accade in Afghanistan ma anche di quanto accade nel mondo.

L’operazione “frontiera avanzata” ha avuto come unico risultato quello di salvaguardare Israele per un lungo periodo di tempo. Ora però la frontiera è tornata nuovamente a ridosso di Israele. Tel Aviv ha una strategia molto più concreta di quella di Washington, una strategia che punta sulla divisione del mondo arabo. Un approccio che finora ha funzionato perché sunniti e sciiti al momento non si sono mai messi insieme. Certo, ci sono dei punti di pericolo, ma Tel Aviv sa come difendersi e non a caso si è molto avvicinata alla Russia negli ultimi anni. Un avvicinamento che per il momento sta tenendo buono l’Iran. Ma Teheran si è molto rinforzata in questi 18 anni. Secondo i piani americani l’Iran avrebbe dovuto essere circondato tramite navi del Golfo, Afghanistan e Pakistan: progetto, come detto, fallito. E ora la Repubblica Islamica si ritrova sul Mediterraneo con Hezbollah.

La mossa in Afghanistan esemplifica la grande differenza che intercorre fra Trump e i neoconservatori alla Bush. Una differenza sia ideologica sia di disponibilità economica. Trump ha individuato il nemico principale nella Cina e ha deciso di portare avanti un tipo di guerra completamente diverso con i dazi. Dietro c ‘è un ragionamento preciso che tiene in conto quanto accaduto in questi 18 anni. Trump si è detto: “Ma come, noi ci siamo fatti 9600 miliardi di buco nei bilanci, dovuto in larga parte alle spese militari e dall’altra parte c’è invece la Cina con 3600 miliardi di attivo e 1500 miliardi di buoni Usa in mano? E i tedeschi, tanto pacifisti, si sono fatti un paio di migliaia di miliardi con i cinesi. Gli unici che ci hanno rimesso per mantenere le idee dei neoconservatori siamo noi. Ora basta”. Per questo Trump ha deciso di cambiare musica e ha rovesciato la strategia. Adesso se l’Europa vuole andare allo scontro con Putin si difende da sola. Ma adesso che cosa facciamo? Come fatto in Vietnam lasciamo la gente in balìa dei campi di rieducazione talebani? Perché questo è ciò che accadrà, nessuno si illuda.

L’Isis è una macchina prodotta dal comando sunnita per condurre operazioni soprattutto contro gli sciiti e che viene etero diretta dove e quando occorre. Figuriamoci se i talebani, che frustavano chi ascoltava la musica, si metteranno a fare i guardiani dell’Isis. Sono delle grandi bugie che vengono raccontate per provare a lenire il dolore della sconfitta e dare un senso a quello che è solo un colossale fallimento.

Con il ritiro delle truppe USA, Se vanno via tutti, anche gli alleati e di conseguenza anche i nostri ragazzi dell’esercito Italiano. Per forza di cose. Come si fa a fare diversamente? La realtà è che se gli americani cedono e se ne vanno siamo costretti ad andarcene anche noi.

Ma ora esiste un rischio . Oggi l’Europa è circondata da conflitti a bassa intensità e problemi gravissimi come il terrorismo, per esempio in Ucraina o in Libia. Ma se dovessi puntare un euro sull’area in cui il conflitto potrebbe diventare militare, persino nucleare, scommetterei sull’Asia. Nel subcontinente asiatico ci sono 800 milioni di mussulmani, il terrorismo potrebbe esplodere e per certi versi è già esploso, tra Filippine e Pakistan. Il pericolo è tutto lì perché è lì che c’è la nuova superpotenza, cioè la Cina. Gli Usa hanno fallito nel loro piano di contenimento asiatico e ora tutti noi in Occidente dobbiamo renderci conto che la vera potenza non siamo più noi, sono loro. Le elezioni di Taiwan del 2020 potrebbero essere decisive. con una vittoria degli indipendendisti Pechino potrebbe anche decidere di invadere l’isola e a quel punto gli Usa potrebbero reagire.

dal web di Antonio Gentile