LA GLOBALIZZAZIONE.

LA GLOBALIZZAZIONE.

Con oggi inizia una nuova rubrica de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana: < Il mondo visto dagli adolescenti >.

Mensilmente, una ragazza quindicenne tratterà argomenti relativi alle problematiche odierne, esprimendo le sue opinioni/idee al riguardo. Un modo per capire come gli adolescenti di oggi, quindi le future generazioni, percepiscono problemi che riguardano, si il mondo attuale, ma soprattutto il loro futuro.

Ciò può essere utile per noi adulti e per i prossimi “decisionmakers” sia per capire un mondo che si ritiene lontano e di difficile comprensione, sia per indirizzare i propri sforzi politici e di sviluppo verso una società che, a breve, sarà di loro competenza.

Come nel passato, anche la “nuova” Democrazia Cristiana rimane vicina alla società e alle sue problematiche, non escludendo alcuna categoria sociale.

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A cura di MARIA CHIARA CAPIZZI (Roma) * www.ilpopolo.news *

                                      < LA GLOBALIZZAZIONE >

È importante introdurre il concetto di cosa sia la globalizzazione o anche la mondializzazione. Quando usiamo questo termine ci riferiamo a un fenomeno che negli ultimi anni sta interessando il mondo intero e non conosce confini di nessun genere. È un fenomeno che sta interessando vari aspetti sociali e che già da qualche anno, sta modificando le abitudini quotidiane della popolazione, coinvolgendo l’ambito economico, sociale, tecnico-scientifico, culturale,etc….

Uno degli aspetti positivi di tale fenomeno è che, a livello globale, si sta creando un’interazione tra i diversi paesi del nord e sud del mondo. Chi ha contribuito molto affinché distanze geografiche e differenze tra i popoli diminuissero, è sicuramente stata la rete internet, che permette la diffusione rapidissima di informazioni, molte delle quali era prima impossibile conoscere o diventavano note con un ritardo più o meno marcato a seconda del Paese di provenienza.

Ma altre cause hanno contribuito alla globalizzazione: l’abolizione di molte barriere doganali, la trasformazione del sistema dei trasporti e l’affermarsi di aree di libero scambio.

E quindi una maggiore velocità di collegamenti e di trasporto merci da un Paese all’altro, una maggiore conoscenza di base di molti aspetti sociali sono fattori che hanno portato ad una più alta integrazione culturale e religiosa e ad un ampliamento dei dialoghi tra i diversi Stati, che ha avuto come conseguenza anche numerosi cambiamenti politici, che sono tuttora in atto.

Inoltre la globalizzazione ha portato ad aumentare sensibilmente il numero di coloro che conoscono più di una lingua, agevolando, di fatto, la comunicazione tra i diversi popoli.

Tutto positivo quindi? Ovviamente no ! C’è anche la cosiddetta “altra faccia della medaglia”. Nel contempo, infatti, la globalizzazione ha stimolato le multinazionali a spostare parti o intere produzioni in paesi nel sud del mondo per il minor costo di manodopera, minori difese sindacali per la tutela dei lavoratori e minori tasse da pagare per le imprese.

Ciò, senza l’applicazione di alcuna tipologia di dazio, ha avuto l’effetto di arricchire sempre più l’imprenditore, mentre per il consumatore i prezzi dei prodotti, che ricordiamo sono fabbricati all’estero, non sono cambiati. Anzi spesso sono aumentati, come pure sembra sia diminuito il relativo gettito fiscale di produzione.

Anche la differenziazione dei prodotti tra i vari Paesi è praticamente scomparsa. Assistiamo ad una continua ed inarrestabile “omogeneizzazione” di usi e costumi, con perdita delle tradizioni popolari che erano proprie di ogni Paese.

E così abbiamo stesso modo di vestire, di mangiare, stessi programmi televisivi e via dicendo.

Insomma oramai viviamo in un “villaggio globale”, dove chi decide tendenze, mode e stili di vita sonoa pochi; gli altri si adeguano, possibilmente il più velocemente possibile, per non rimanere indietro.

E così il divario tra popoli più avanzati e quelli non ancora globalizzati, aumenta sempre più.

Come conseguenza a tale “appiattimento” mal governato, è nato un movimento di contrapposizione, il no-global, costituito da variegati  gruppi e associazioni che contestano il processo di globalizzazione, additandolo, tra l’altro, come fonte di inaccettabili iniquità tra Nord e Sud del mondo e all’interno delle singole società nazionali.

Spesso agiscono in maniera violenta, prendendo spunto da qualsiasi tipo di manifestazione, per “accanirsi”, in modo improprio, contro questa o quella multinazionale, provocando danni che poi il cittadino dovrà ripianare.

Personalmente penso che la rete internet e la sua rapidissima diffusione di informazioni sia un bene poiché consente di conoscere non solo altre culture (e quindi ampliare la propria conoscenza), ma anche di farci comprendere il punto di vista che ha la gente in altre parti del mondo, culturalmente e storicamente lontane dal nostro modo di pensare, così come i Paesi africani o asiatici.

Tuttavia è altrettanto importante saper governare la possibilità che la tecnologia ci offre, come utilizzare in modo cauto e sicuro la rete, onde evitare di imbatterci in informazioni false, causa di tensioni anche internazionali, o condividere in modo involontario informazioni personali che andrebbero ad arricchire il data base delle multinazionali sulle nostre abitudini e condizionarci, quindi, nelle scelte.

A mio avviso, a livello nazionale, servirebbe che i nostri politici si coordinassero con i paritetici degli altri Paesi europei al fine di adottare un politica economica comune, che miri anche a proteggere, ad esempio, le rispettive peculiarità alimentari,  artigianali e industriali.

Adottare una comune politica fiscale affinchè le varie industrie rientrino nel territorio europeo con la condivisa politica sulla qualità del prodotto, sicurezza sul lavoro e tutela dei lavoratori, applicando una sorta di “tassa compensativa” alle industrie che continuano a mantenere la propria produzione nei Paesi extra UE.

Da parte nostra, dovremmo si, mantenere la connessione con il resto del mondo, scambiarci idee e opinioni, ma ogni tanto interrompere il collegamento e riflettere su ciò che apprendiamo virtualmente e confrontarlo con ciò che è la realtà.

A cura di MARIA CHIARA CAPIZZI (Roma) * www.ilpopolo.news *