La Democrazia Cristiana contro la contraffazione, il dramma che attanaglia l’Italia !

La contraffazione è il nuovo business della criminalità organizzata. Abbigliamento, audiovisivi, agroalimentare... Ormai è tutto in mano ai clan.

La Democrazia Cristiana contro la contraffazione, il dramma che attanaglia l’Italia !

di ANTONIO GENTILE

La Democrazia Cristiana vuole contrastare, attraverso le sue proposte di programma, tutti coloro i quali con le loro azioni vanno a ledere il PIL del bilancio italiano: stiamo parlando della contraffazione, un serio pericolo che da anni sta aggredendo la stabilità del commercio e dei posti di lavoro che vengono tolti ai nostri giovani o alle loro famiglie.

Di oltre 8 miliardi di euro è il giro di affari complessivo in Italia dei prodotti contraffatti, di cui 3,3 mld nei settori abbigliamento, accessori e prodotti multimediali e informatici che hanno registrato nell’ultimo anno oltre 108 milioni di acquisti.

Almeno il 30% della merce venduta via Internet è contraffatta; il 16% delle persone che fanno acquisti ha comprato nel corso dell’ultimo anno almeno un articolo contraffatto tra quelli oggetto della ricerca (abbigliamento, accessori o prodotti multimediali) e, nel confronto tra questi tre settori, è l’abbigliamento il settore con la maggiore percentuale di acquisto di merce contraffatta (11%), soprattutto t-shirt e camicie (41%); la media di chi compra prodotti contraffatti va dai 18 ai 34 anni, la maggior parte sono donne e nel 62% dei casi non si sente in colpa per l’acquisto: questi i principali risultati che emergono dalla ricerca realizzata dall’istituto Piepoli e da Confcommercio sul fenomeno della contraffazione in Italia.

E poi c’è naturalmente la contraffazione della valuta. Nel secondo semestre del 2017 la Banca d’Italia ha riconosciuto false 87 mila banconote, con un incremento del 17,1% rispetto ai primi sei mesi. I tagli da 20 e da 50 euro continuano a essere i preferiti dai falsari. Mentre nel campo dell’agroalimentare le forze dell’ordine sono riuscite a intercettare oltre 2 mila tonnellate di olio extravergine di oliva falsamente etichettato come italiano, per un valore di oltre 13 milioni di euro, 150 mila bottiglie di vino, 430 mila etichette riproducenti la forma, il colore e i segni distintivi registrati a uso esclusivo di alcune rinomate case vinicole e, per concludere (ma la lista è in realtà lunga), più di 14 tonnellate di tonno rosso. Da non trascurare il settore della musica, dove a causa della pirateria nel solo 2014 “ha perso 7,8 milioni”, di cui “3 milioni nelle vendite su supporto fisico e 4,7 milioni in quelle digitali“.

La Commissione europea, nel 2017, ha pubblicato uno studio sulle rotte di movimentazione dei prodotti contraffatti. Dai dati raccolti emerge che si è di fronte a una “via della Seta… contraffatta”, il documento evidenzia infatti il primato della Cina quale principale Paese di provenienza dei falsi, con il 41% del totale dei beni sequestrati, vale a dire 12,5 milioni di pezzi su un totale di 30,5 milioni bloccati alle frontiere nel 2015.
Contraffazione, “il mercato dei falsi costa all’Italia 8 miliardi di euro l’anno e quasi 100mila posti di lavoro” E’ il prezzo pagato ogni anno dall’Italia a causa della contraffazione di abbigliamento e accessori, farmaci, alcolici, cosmetici e giocattoli. Il settore più colpito è quello di abiti, scarpee accessori, che da solo pesa per oltre la metà dei danni economici subiti dalla Penisola: 4,5 miliardi di euro e 80mila posti di lavoro – inclusi quelli indiretti – andati in fumo.

Questo business, non è passato inosservato ’ndrangheta, camorra e mafia cinese che hanno messo le mani sull’enorme giro di affari. Un interesse cresciuto esponenzialmente nell’ultimo decennio. Ormai quasi tutto il mercato è in mano ai clan. «La criminalità organizzata, grazie anche al suo potere finanziario, intimidatorio e correttivo, gestisce tutte le fasi della filiera del falso: dalla produzione, alla spedizione, alla distribuzione, al dettaglio».

Un ruolo di primo piano lo giocano camorra e ’ndrangheta. Come emerso in numerosi e recenti casi giudiziari, i clan di queste organizzazioni sono «dediti in maniera sempre crescente al traffico, talvolta anche alla produzione, di merci contraffatte». Un business gestito secondo le capacità e le caratteristiche delle varie organizzazioni criminali. È il Ros dei Carabinieri a offrire uno spaccato del fenomeno: «Mentre la camorra si occupa anche della produzione in loco di merce contraffatta, attraverso opifici clandestini dell’hinterland napoletano, avvalendosi anche di manodopera straniera, la ’ndrangheta, invece, opera secondo un approccio di spiccato pragmatismo imprenditoriale, proponendosi quale intermediario di servizi tra l’ambito della produzione e quello della vendita, ovvero come soggetto ad agevolare l’ingresso in Italia della merce contraffatta proveniente dall’estero»

Una posizione particolare spetta invece alla criminalità cinese. È una realtà complessa, spesso rigidamente organizzata su base etnica. Come spiega la direzione antimafia, spesso i vertici decisionali rimangono nei territori di origine, mentre nei paesi europei vengono posizionate solo le “cellule terminali” impiegate nella ricezione e nello smistamento di stupefacenti, merce contraffatta e, non di rado, delle vittime della tratta di esseri umani. Nel nostro Paese la criminalità cinese è particolarmente attiva «nelle aree urbane ad alta industrializzazione: Firenze e Prato, Milano e l’hinterland di Napoli, in particolare l’area vesuviana».

C’è anzitutto una questione economica: come sottolinea il lavoro della commissione di inchiesta, in Italia il flusso di merce illegale ha causato una perdita di gettito fiscale pari a 5,7 miliardi di euro solo nel 2015. Inutile dire che la falsificazione dei marchi danneggia, in primo luogo, proprio i prodotti di qualità, quelli che costituiscono l’essenza del Made in Italy.  In definitiva, acquistando prodotti contraffatti, oltre a non fare spesso un buon affare, potete nuocere a voi stessi ma soprattutto al bilancio dello stato Italiano.

di Antonio Gentile