Einstein aveva ragione: due satelliti lo dimostrano in un esperimento.

Un satellite orbitale ha portato nuove prove che confermano alcune teorie fisiche di Albert Einstein. Determinanti i dati raccolti dal satellite Gravity Probe-B della Nasa.

Einstein aveva ragione: due satelliti lo dimostrano in un esperimento.

Nel 2014, due satelliti destinati alla rete europea Galileo, l’equivalente della rete GPS degli Stati Uniti, sono stati messi in orbita in modo errato. L’errore ha causato un malfunzionamento costringendoli a ruotare intorno alla Terra in ellissi piuttosto che in cerchi. Questo metodo non è l’ideale per l’uso di navigazione originariamente previsto dai satelliti, ma gli scienziati hanno capito che i dispositivi impazziti erano perfetti per un altro scopo: testare la teoria della gravità di Einstein e la teoria generale della relatività.

La polemica sui risultati dell’ultimo esame a Einstein circa la sua teoria della relatività ora è finalmente chiusa. Ma nelle scorse settimane aveva destato non poche agitazioni facendo supporre anche una conclusione diversa. A concludere la vicenda è intervenuta la pubblicazione su Physical Review Letters della ricerca compiuta da una trentina di scienziati di diversa nazionalità, ma soprattutto americani.

Il nutrito gruppo di fisici ha esaminato i dati raccolti con il satellite Gravity Probe-B della Nasa apposta concepito per una valutazione definitiva – dicono i ricercatori – della teoria generale della relatività del 1917. I risultati erano stati anticipati ancora nel marzo scorso e poi in una conferenza stampa agli inizi di maggio, e questo aveva destato critiche proprio perché non erano stati ancora pubblicati. Ma alle critiche, i portavoce del gruppo replicavano col dire che comunque erano stati accettati come manoscritto e quindi si potevano ritenere in diritto di divulgarli. Naturalmente non tutti condividevano la risposta.

Che la vicenda destasse trambusto era scontato perché riguardava lo scienziato più famoso del Ventesimo secolo e la sua idea che cambiò il corso della fisica. Comunque, anche questa volta Einstein ha dimostrato di aver ragione.

Il satellite Gravity Probe-B era lanciato nel 2004 e il suo scopo era scoprire un effetto provocato dalla gravità terrestre attraverso quattro giroscopi mantenuti in una condizione di superfreddo. Proprio questi hanno misurato una sorta di vortice-spazio temporale attorno al nostro pianeta, come prevede la teoria della gravità einsteniana.L’impresa non è stata facile e lo dimostrano quattro cifre. Per preparare l’esperimento nello spazio, infatti, sono occorsi 31 anni di ricerche e di sviluppi tecnologici, dieci anni di preparazione del volo, un anno e mezzo di missione in orbita e cinque anni di analisi dei dati.

«Lo spazio-tempo attorno alla Terra appare distorto secondo la descrizione dalla relatività generale», sottolinea Francis Everitt della Stanford University e principal investigator della missione. «È un risultato storico», aggiunge Clifford Will della Washington University di St.Louis, che sovrintende un gruppo di scienziati creato dal National Research Council nel 1998 proprio per una valutazione indipendente dei dati.

Il primo esame era stato compiuto nel 1919 dall’astronomo Arthur Eddington durante un’eclissi solare verificando nell’occasione che la luce emanata da una stella veniva deviata dalla forza gravitazione del Sole quando transitava nelle sue vicinanze. I rilevamenti erano condotti in due luoghi diversi: a Sobral in Brasile e nell’isola di Principe. Ora si è saliti nello spazio.

Ma supponiamo che altri esami saranno presto inventati.

Come funziona la relatività di Einstein

Secondo la relatività generale, la gravità influisce non solo sullo spazio, ma anche sul tempo. Più profondo è il campo gravitazionale, più tempo passa. Quindi un orologio a un’altitudine più alta segnerà il tempo in maniera più veloce rispetto uno più vicino alla superficie della Terra, dove la gravità terrestre è più forte. Il disaccordo orbitale dei satelliti ha permesso al test di analizzare con precisione questo effetto, noto come redshift gravitazionale. La scoperta è stata discussa da due gruppi di scienziati, come riportato in un paio di articoli del 7 dicembre.

Ma anche se i due satelliti si muovono seguendo delle orbite ellittiche, la loro distanza dalla Terra aumenta e diminuisce periodicamente di circa 8.500 chilometri. Usando i precisi orologi atomici montati sui satelliti, gli scienziati hanno studiato in che modo il cambiamento di altitudine ha influenzato il flusso del tempo. Gli orologi hanno accelerato e rallentato di alcune frazioni di secondo come previsto, concordando con le previsioni della relatività generale di Einstein.

Ho inserito nella pagina del giornale l’articolo , che ho chiamato Scienza e Coscienza, due parole che ho appreso dal mio amico scienziato Dr. Osvaldo Rea di Arpino (Fr)  lui l’inventore di” Il Letto di Leonardo”, che approfondirò prossimamente con un dettagliato articolo. Quindi  qual’è il principio di scienza e coscienza. Il frequente richiamo a questo principio, che viene dato come elemento base del giuramento professionale moderno del medico, non è una “formula magica” astratta ma un orientamento che indica come l’obiettivo deontologico sia quello di indirizzare il professionista verso una responsabilità che tenga conto sia della scienza che della coscienza .

La coscienza. Più che alla “scienza”, di cui abbiamo nozioni approfondite, è opportuno fare un cenno semantico alla “coscienza” e cioè chiederci cosa significhi. La parola coscienza ha una lunga storia. Nella lingua latina, il termine “conscientia” significa testimonianza e, secondo Cicerone (De Officiis), la coscienza è quanto di più divino è stato concesso all’uomo. La coscienza più modernamente può essere quindi intesa come:
1. attestazione della mia esistenza
2. facoltà di giudizio, ossia la capacità di distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso;
3. ciò che all’interno della mia psiche mi giudica;
4. una voce che è in me ma che proviene dall’esterno.

Riferirsi al rapporto tra scienza e coscienza non è quindi un modo di dire ma sottintende la credibilità professionale; è un binomio che esorta tutti i professionisti medici alla necessità di attenersi alla formula della responsabilità.

Il mio è stato oggi un modo semplice ma tassativamente perfetto che ci porta a dire che tutto è dimostrabile, ma lo sarà “fino a prova contraria”!!

dal web di Antonio Gentile