DOTT.SSA MONICA BROGI (FIRENZE): LETTERA PUBBLICA ALL’ORDINE NAZIONALE DEGLI PSICOLOGI ITALIANI ED ALL’ORDINE PSICOLOGI DELLA TOSCANA – «IL CODICE TRADITO» – SECONDA PARTE

DOTT.SSA MONICA BROGI (FIRENZE): LETTERA PUBBLICA ALL’ORDINE NAZIONALE DEGLI PSICOLOGI ITALIANI ED ALL’ORDINE PSICOLOGI DELLA TOSCANA – «IL CODICE TRADITO» – SECONDA PARTE
Dott. Angelo Sandri (Udine)

A cura di Dott. Angelo Sandri (Cervignano del Friuli/UD)

segreteria.nazionale@dconline.info * cell. 342-1876463

Segretario politico nazionale della Democrazia Cristiana

Segretario Organizzativo nazionale “ad interim” della Democrazia Cristiana italiana

Direttore Responsabile de “IL POPOLO” della Democrazia Cristiana.

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Abbiamo ricevuto alla Redazione del nostro giornale < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana la lettera pubblica inviata dalla Dott.ssa Monica Brogi di Firenze al dott. David Lazzari, presidente dell’Ordine nazionale degli psicologi italiani; nonchè alla dott.ssa Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana.

Dott.ssa Monica Brogi (Firenze)

Va precisato che la Dott.ssa Monica Brogi, di Montelupo Fiorentino (in provincia di Firenze) ricopre attualmente anche l’incarico di Segretario provinciale del Movimento Femminile e per le Pari Opportunità della Democrazia Cristiana della provincia di Firenze (monica.brogi@dconline.info)

La lettera pubblica di cui trattasi investe una Sua vicenda professionale personale, ma attinente un argomento di così generale rilevanza che riteniamo opportuno darne pubblicazione integrale, sia pur dividendo il documento in più parti.

PARTE SECONDA

Premetto che sono capace di comprendere la Vostra posizione, a cui siete stati obbligati da una legge alla quale sembra impossibile non poter aderire (Decreto legge 44/2021, convertito in L. 76/2021).

Non è mio intento fare polemica o giudicare: intendo solo affermare, dal mio punto di vista, il tradimento del Codice deontologico degli psicologi italiani.

Con gioia, voglio mostrarmi pubblicamente, professare, svolgere la mia professione di psicologo; responsabile di aver sposato il codice deontologico, e tenuta a conoscerlo pena la punizione, così come recitano gli articoli 1 e 2.

ART. 1: «Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare».

ART. 2: «L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite».

Mia cura è, quindi, professare con decoro e dignità, aderendo pienamente all’articolo 3, che recita quanto segue.

ART. 3: «Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.

In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza…». Inoltre, mi fregio di un altro importante articolo.

ART. 4: «Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.

Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso».

Per prestare fede al codice deontologico, quando sorgono conflitti di interesse tra il destinatario e l’istituzione, dovrei tutelare il destinatario. Come posso farlo, essendo sospesa? Come potrei tutelare i pazienti e continuare ad accompagnarli nel loro dolore? Andiamo avanti con l’articolo 6.

ART. 6: «Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine».

Eccomi qua ad informare il mio Ordine di appartenenza: la mia autonomia professionale e il rispetto delle norme del codice deontologico sono stati compromessi. Un paradosso. Anzi, il paradosso. Il paradosso del codice tradito.

Procedo e mi soffermo sull’articolo 18. * ART. 18: «In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi».

Io non sono pro vax o no vax: sono colei che, con i propri pazienti, non assumerebbe mai una posizione unilaterale che rischierebbe di piegare la persona alla verità che dichiaro o, ancor peggio, che devo proclamare.

Con onore verso l’articolo 18, rispetto la libertà di scelta, da parte del paziente, del professionista a cui rivolgersi, sia un medico dell’hub vaccinale che un medico no vax.

Cari colleghi, dobbiamo cercare unione e comprensione nelle differenze e divergenze, c’è posto per tutti. La lotta tra maggioranze e minoranze rischia di ledere profondamente il rapporto tra di noi; non possiamo dimenticarci del nostro articolo 33.

ART. 33: «I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la
loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche».

Ci stiamo ispirando davvero al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza? Sosteniamo e appoggiamo i colleghi che vedono compromessa la loro autonomia e il rispetto delle norme deontologiche?

Sono a scrivere a Voi, colleghi e presidenti, astenendomi da giudizi negativi o lesivi del decoro e della reputazione professionale, come recita l’articolo 36.

Però, devo dirvi che mi sento profondamente lesa, nel decoro e nella mia reputazione; il mio Ordine in qualche modo sembra che non stia tutelando la colleganza in minoranza, neppure con una impercettibile (seria o seriosa) class action.

Nel rispetto del mio codice deontologico, pertanto, sono qui a dare tempestiva comunicazione all’Ordine. Termino con parte dell’articolo 39, dal capo IV, «rapporto con la società».

ART. 39: «Lo psicologo riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte».

Mi fermo qua, riconoscendo il mio dovere deontologico verso la società: aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

Cari colleghi e presidenti, io ho firmato il codice deontologico degli psicologi italiani e lo firmerei nuovamente. Adoro questo lavoro e le sue regole. E Voi?

Se l’etica ha un carattere morale, la deontologia pone dei doveri, il cui rispetto è presidiato da sanzioni. La mia sanzione è la sospensione dall’albo degli psicologi, non potendo io esercitare la mia professione, tout court.

Coloro che non rispettano il codice deontologico degli psicologi italiani avranno sanzioni? E se fosse lo stesso Ordine a non rispettare il codice, ricorrerebbe ad autosanzionarsi ?

Nel caso in cui il codice deontologico degli psicologi fosse stato messo, per motivi a me ignoti, in stand by a causa dello stato di emergenza, Vi chiedo di farmelo sapere. Se invece il codice degli psicologi italiani esiste ancora, Vi chiedo ugualmente di farmelo sapere.

 

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Dott.ssa Monica Brogi (Firenze) * cell. 349-6422211 * monica.brogi@dconline.info *

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