SE LE BANCHE DEVONO INVESTIRE NEL “FINTECH”.

SE LE BANCHE DEVONO INVESTIRE NEL “FINTECH”.

Durante una conferenza sul  tema della globalizzazione ho avuto modo di ascoltare le parole di  un autorevole relatore il quale sosteneva che la globalizzazione è come un fiume in piena che non si può arrestare, ma che una sana politica può arginare ed incanalare il flusso in modo che tutti possano averne giovamento.

A distanza di qualche anno dal giorno di quella conferenza ho modo di valutare gli effetti della mancata azione di una politica efficace che possa appunto limitare gli effetti devastanti dell’apertura di un mondo che sembra non poterci più contenere tutti.

E’ di questi giorni la notizia di un Fabio Panetta, vice-direttore di Bankitalia, che intervenendo al bicentenario della “Harvard Law School” tenutasi a Roma nei giorni scorsi, ha detto che le banche devono  investire nel “fintech” (tecnologie per migliorare i servizi finanziari) per sopravvivere alla concorrenza dei colossi come Google, Facebook, Apple, Alibaba, Amazon i quali – con il loro ingresso nel settore dei servizi finanziari –  stanno di fatto erodendo i margini di guadagno delle banche tradizionali.

Se lo scenario del mondo produttivo e di quello commerciale sono cambiati  così velocemente per via delle nuove tecnologie, lo stesso si può dire per il settore bancario il quale, ora, si trova ad affrontare l’ingresso nel mercato di questi big capaci di investire cifre enormi nel campo della tecnologia e di offrire gli stessi servizi delle banche tradizionali in modo più efficiente e meno costoso.

Su questo sfondo già disarmante per le banche si aggiunge la noncuranza di Francoforte, che presa come è dal curarsi di altre questioni come il tema “Npl” (non performing loans – crediti difficili da recuperare) non presta sufficiente attenzione al cambiamento globale che sta subendo il mercato nel settore bancario lasciando che il tempo scorra con il pericolo di  ritrovarsi nei prossimi anni con gli operatori non bancari ormai padroni del mercato e con le banche tradizionali erose negli utili dati dai servizi al dettaglio almeno del 60%.

Ecco perché Panetta auspica nel suo intervento che le banche si adoperino per investire nel “fintech”, sostituendo completamente i servizi tradizionali con canali di distribuzione diversi e lavorando nel contempo alla risoluzione dei problemi fondamentali che le tecnologie si portano dietro in modo fisiologico: la sicurezza dei dati e la regolamentazione che in un mercato sempre più aperto non è sempre facile da definire.

Al di là dei problemi occupazionali legati all’eventuale fallimento delle banche tradizionali, il tema della sicurezza dei dati è fondamentale e non è peregrino chiedersi in che modo il consumatore verrà protetto. Questo tema deve essere considerato con estrema attenzione anche dalla Democrazia Cristiana.