Omaggio ad un amico di Roma oggi spentosi.

Omaggio ad un amico di Roma oggi spentosi.

Care lettrici e lettori oggi Vi vorrei parlare di un mio amico di Roma che ha terminato i suoi  giorni su questa terra ma non per darvi una tristezza ma di riverberi belli di una volta.

L’occhio nell’ intercessione depone il colore del cielo e la pioggia ogni caduta dai gradini dell’Eden: cosi è la storia degli uomini, andare avanti consci che nulla intercede tra noi e loro e la morte se non la Fede nelle cose più ovvie.

Siamo così fragili e spezzati fa pioggia, corriamo nell’universo ignoto e cercando risposte poi precipitiamo nel prato come piccole anime che hanno imparato a volare soltanto negli ultimi istanti così scordiamo le lacrime piante di noi stessi in silenzio e ci aggrappiamo ad un futuro senza i nostri sguardi speranzosi di aver lasciato al mondo qualcosa : eppur ci sono stati amore e sogni ,decolli e altre missioni per la Fede eppure ci siamo incontrati con gli astri senza mai pensare alla caduta.

Compagno di studi e di lavoro da barman per darci più forza economica in quel vivere da latin lover in quei Fori Imperiali dove attendevamo l’estate per goderci le fanciulle in vacanza nella città eterna.

Non avevano grandi pretese come le italiane che si rischiava essere compromessi.

Sotto la colonna dell’imperatore Traiano le baciavi e si avvertiva odor di pesco i melograno poi farabutto dichiaravi amore ma era per finta e solo pomiciare in funzione d’altro , recitavi il poeta maledetto Baudelaire:

 

“Vieni dal cielo profondo o esci dall’abisso..

Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,
dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,
ed in questo puoi essere paragonata al vino.

Racchiudi nel tuo occhio il tramonto e l’aurora;
profumi l’aria come una sera tempestosa;
i tuoi baci sono un filtro e la tua bocca un’anfora
che fanno vile l’eroe e il bimbo coraggioso.

 

Inventammo un rimorchiare unico ovvero abbracciare due ragazze e baciarle nel chiamarle: due le risposte o si arrabbiavano perché non ci conoscevamo o ci stavano.

Andavano alla Fontana di Trevi per gustare le gambe in minigonna,così rare da noi ancora,e scrutare meglio quando sedute.

Le volte in cui penso a te amico mio il foglio di carta diventa una via in salita  il monte che li tiene stretto e diventa una sfida.

Ci si innamora della vita ,del sole e dell’arcobaleno negli anni giovanili in attesa di un miracolo ancora più forte.

Eccomi tumulto! e voi nubi unite per oscurare il sole sacro della mia vena,lame contro l’ultimo rimasto a navigare la solitaria via dell’immaginario ,dove il filo si libera dai titani di quella oscurità che avanza in forze sulla coscienza, leggera nelle fragili prigioni della carne.

Io sono di quella pasta modellata per rendere il male alle schiere dei violenti.

E in me risiede il dono di quella gioia che fa moltiplicare i sogni per un viaggio che renderà i suoi figli immortali.

Autore Franco Capanna.