L’Europeismo di Alcide De Gasperi (prima parte)

L’Europeismo di Alcide De Gasperi (prima parte)

« La tendenza all’unità è una delle “costanti” della storia !

Dapprima embrionali, appena abbozzati, gli aggregati umani entrano in contatto, e quindi si agglutinano sino a formare un insieme più vasto e omogeneo, poiché, non è un paradosso, più la società umana si dilata, più si sente una.

Nel loro istinto oscuro, ancor prima che si faccia luce nei loro cuori, gli uomini portano già ciò che – secondo la parola di Cristo – Dio desidera da parte loro: < Ut unum sint >, affinché siano una cosa sola (Gv. 17, 22) ».

Cosi Alcide De Gasperi si rivolgeva a storici e uomini di cultura nel corso della relazione che Egli tenne ad una < Tavola rotonda > svoltasi a Roma il 13 ottobre del 1953.

Il richiamo all’unità dell’Europa è stata davvero una costante nei numerosissimi discorsi tenuti da Alcide De Gasperi negli anni in cui Egli fu alla guida del Paese.

Così come questa annotazione vale anche per gli altri due «padri fondatori dell’Europa»: il cattolico di orientamento socialdemocratico Robert Schuman e il cristiano democratico Konrad Adenauer.

Essi ebbero la continua preoccupazione di lasciare alla gioventù non solo un lavoro concreto da proseguire, ma anche un’eredità politica con il suo vero ideale spirituale ed umano.

Come ha scritto Maria Romana Catti De Gasperi (la più acuta biografa di suo padre Alcide De Gasperi) nel «maturare in De Gasperi dell’idea di una comunità di popoli noi troveremo sempre, accanto alla necessità di difendere la pace, il motivo di una cooperazione fondata sul diritto di libertà, animata da un alto senso della giustizia e rispetto della persona umana, ma resa ancor più viva dal messaggio cristiano».

Alle origini della civiltà europea De Gasperi vedeva il cristianesimo, con la sua morale che esalta la figura e la responsabilità della persona umana ed il fermento di fraternità evangelica.

Non poteva essere diversamente, dato che tutta la sua vita e tutte le sue decisioni hanno sempre visto alla loro base una profonda fede religiosa, una alta conoscenza e familiarità con le Sacre Scritture e coi testi dei padri della Chiesa e dei mistici.

Luigi Einaudi dopo la sua morte scrisse: «credeva nella parola del Vangelo, ebbe fede nella libertà ed operò seguendo l’imperativo del dovere».

In anni lontani dal governo, lo statista trentino aveva scritto alla moglie Francesca: «ci sono uomini di preda, uomini di potere, uomini di fede. Io vorrei essere ricordato fra questi ultimi».

Per lo statista trentino il problema dell’unità europea doveva essere prospettato in un disegno più profondo di quello che poteva essere il sia pur importante sviluppo economico o la mera creazione di un esercito.

Era il problema culturale quello più eclatante, dovendo sollecitare i popoli europei ad essere più sensibili alle proprie radici ed alla propria storia.

Lo stesso Robert Schuman, fautore e sostenitore della CECA, della CEE e dell’Euratom, diceva che non si doveva fare di queste iniziative solo un’impresa economica e tecnica, ma bisognava dare loro un’anima !

 (fine parte prima).