La Tristezza è vista, generalmente, come qualcosa di negativo. Vediamo se esistono dei lati positivi e come volgerli
Generalmente la tristezza viene associata a qualcosa di negativo, come ad esempio alla Depressione. Al contrario, questo stato d’animo è un’emozione fondamentale, universalmente riconosciuta, e come tale ha il diritto di essere vissuta come tutte le altre. Se provassimo per un attimo ad abbandonare l’idea di negatività che le abbiamo attribuito nel corso dei secoli, potremmo guardare a questo stato d’animo da un’altra prospettiva.
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Piangere è il simbolico comportamento della tristezza, e sin da quando siamo piccoli, di fronte a qualcosa di brutto ci sentiamo dire: “Non piangere! Non essere Triste!”, e con il passare del tempo diventiamo abilissimi a nascondere la tristezza dietro un falso sorriso.
Ci hanno insegnato a negarla, aggirarla, ignorarla, mascherarla invece di prendercene cura, ascoltarci e consolarci. Ma per quale motivo ci vogliono negare la possibilità di vivere questa emozione? cosa c’è di sbagliato nel piangere, quando ci sbucciamo un ginocchio, quando prendiamo un brutto voto, quando il fidanzato ci lascia, quando si perde il lavoro, quando si perde una persona cara?
Potremmo considerare la tristezza una “risorsa”, perché ci aiuta a vedere criticamente gli errori commessi e a poterli correggere. E’ come se ci allontanasse per il tempo necessario dai riflettori della vita creando uno spazio vuoto dove possiamo concentrare le nostre energie e rileggere la storia della nostra vita con calma; ci da la possibilità di dedicarci a noi, di fermarci e ascoltare quello che pensiamo, sentiamo e proviamo. Tutto ciò porta a riesaminare la situazione e gli eventuali errori.
Da questa prima fase ne consegue una seconda, infatti la tristezza ci insegna ad evitare le situazioni che la provocano. L’utilità di questa emozione, sta proprio nell’apprendimento e analisi delle situazioni che ci fanno male. Se non siamo in grado di poterle cambiare, possiamo sempre non ripetere quegli stessi errori, perché avendoli già vissuti sappiamo il dolore che ne otterremmo.
Franco Capanna editorialista