LA COOPERAZIONE NEL COMPRENSORIO CALATINO.

LA COOPERAZIONE NEL COMPRENSORIO CALATINO.

A cura di Dott. Franco D’Urbino (Caltagirone/CT) * franco.durbino@ilpopolo.news * Consulente editoriale de “IL POPOLO”.

Dott. Franco D’Urbino

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< LA COOPERAZIONE NEL COMPRENSORIO CALATINO >

Cercherò di essere molto succinto, ma non posso non accennare al valore ideologico, metodologico e pedagogico nella cooperazione.

Dirò subito che il giornalismo fece la sua parte nel diffondere ai vertici e alla base del mondo cattolico siciliano gli ideali cooperativistici ed i vantaggi della cooperazione.

Tra le testate di maggiore influenza vanno ricordate: La Croce di Costantino di Caltagirone, il Cittadino Cattolico di Girgenti, il Granellino di Alcamo, L’Aurora di Caltanissetta, Il Lavoratore di Sciacca, l’Idea Popolare di Canicattì, Il Faro e il Risveglio di Messina, San Marziano di Siracusa, La Scintilla Etnea di Catania, Il Sole del Mezzogiorno di Palermo e il Periodico Cooperazione 2000, sorto nel febbraio 1986 rivista mensile dell’IRCAC ( Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione .

Don Luigi Sturzo

Don Sturzo soleva ripetere che bisogna ridare alle classi operatrici fiducia in se stesse, nella propria iniziativa, nell’utilità della cooperazione, nella bontà delle iniziative private e nel vantaggio del rischio sia pure limitato, quale spinta alla collaborazione tra le classi lavoratrici, avvicinando il lavoratore ai mezzi di produzione e renderlo così partecipe del valore produttivo, senza però sopprimere né attenuare l’individualità libera e operante.

Per la realizzazione di questi principi basilari, le esperienze associative sono state antesignane della più grande esperienza cooperativistica attuata poi da Don Sturzo.

Furono costituite cooperative di consumo, che miravano ad alleviare il rincaro dei generi alimentari di prima necessità, cooperative di lavoro e di produzione, tra operai ed artigiani con l’obiettivo di dare vita a piccoli laboratori di manufatti e di beni di consumo senza alcuna pretesa qualitativa. 

Dal discorso di Caltagirone che Don Sturzo tenne quale coordinatore del comitato interparrocchiale nella sua parrocchia di San Giorgio, da quella sacrestia fu ideato e concepito l’Appello ai Liberi e Forti, che poi prese avvio la sera del 18 genn.1919, da una stanza dell’Albergo di Santa Chiara di Roma e poi nella sezione operaia, San Giuseppe, iniziata con diciotto operai, rimarcando nell’azione l’educazione popolare insieme alla speranza viva della riforma.

Il compito era, dunque, più difficile di quanto possa sembrare a prima vista, poiché Don Sturzo mirava a sconfiggere l’ignoranza delle problematiche sociali e l’indifferenza.

San Giacomo patrono di Caltagirone

L’istituzione della Cassa Rurale di San Giacomo costituiva la cassaforte di un piccolo mondo rurale che non aveva i mezzi per sostenere la modernizzazione possibile nell’agricoltura, l’unica risorsa dominante dell’estesissimo territorio comunale di Caltagirone, costituito da 40.261 ettari, dove proprio il municipio era uno dei più grandi proprietari di latifondi.

Ad essa si collegò la cooperativa della piccola industria Agricola di Sant’Isidoro , costituita nel Marzo 1897 ed iscritta nell’elenco delle società del Tribunale di Caltagirone al n° 19, per le affittanze collettive dei feudi, comunali e privati.

A macchia di leopardo si aggiunsero diverse cooperative: quella di Muri Fabbri per l’edilizia, quella di Turacciolai per lo sfruttamento di un’altra grande risorsa calatina, la Sughereta del Bosco di Santo Pietro, quella di consumo.

Il progetto politico-sociale di Sturzo non si limitò al settore economico e produttivo. Né si può capire il suo progetto politico-sociale se non lo si inserisce nella più vasta “ questione Siciliana” che egli ebbe sempre davanti come parte integrante della “questione meridionale”.

Tutte le sue iniziative altro non erano che altrettanti spazi di democrazia di cui il popolo doveva appropriarsi entrando nel circuito della partecipazione democratica.

Era la nuova concezione della politica che si faceva largo per realizzare con tutta naturalezza il suo ideale cristiano di una politica vissuta come servizio in favore del prossimo, come attività sociale protesa per intero ad attuare il bene comune.

Ed è questo il punto che va sottolineato ed evidenziato: l’associazionismo cooperativistico per Sturzo non era un’isola a se, ma uno strumento che avrebbe dovuto contribuire alla soluzione della questione Siciliana e meridionale. Voleva dire guardare alle masse non come questuanti in cerca di assistenzialismo, ma come persone e lavoratori che volevano costruire il proprio futuro.

In questa strategia si collega l’originalità dell’impegno economico-politico e sociale di Don Luigi Sturzo, evangelizzatore della politica e della società, intesa come carità e servizio.

Siamo consapevoli che oggi il mondo e la vita sono assai più complessi da quando don Sturzo agiva e scriveva, ma non per questo bisogna dimenticare alcuni principi fondamentali della convivenza civile ed economica.

Nel 1920, primo al mondo, Don Sturzo ebbe la lungimiranza di presentare un disegno di legge ( cfr DL 16 Sett. 1958 n°124… art 29/67 Cost. – Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale) sull’azionariato dei lavoratori per trasformare il dannoso conflitto sociale in un armonico accordo fra il capitale ed il lavoro, esaltando la funzione della responsabilità morale e della solidità sociale, che trovano allocazione nel pensiero cooperativistico.

Il mondo attuale sta vivendo l’incubo di una recessione socio economica per avere sottovalutato il coronavirus. Pertanto,assisteremo ancora di più a migliaia di perdite di posto di lavoro e ci renderemo conto che il consumismo è fallito e con esso la visione materialistica della nostra esistenza, ma ancora più grave è iniziata una crisi ambientale ed ecologica globale basata sullo sfruttamento dissennato delle risorse materiali.

La pandemia ha provocando una recessione pesante, uno shock esogeno, che spinge il sistema economico fuori da ogni posizione di equilibrio in qualsiasi bilancio economico e mette in discussione un modello socio-politico ed economico e commerciale in fase di completa recessione. Non bastano le misure economiche messe in atto dal governo nazionale e dalla regione siciliana.

I governi devono sostenere i redditi di tutti coloro che stanno perdendo lavoro e produttività a causa delle misure di distanziamento sociale, necessarie però a ridurre la diffusione del virus. Per realizzare questi obiettivi ai governanti spetta il compito precipuo di finanziare il processo di sviluppo accompagnandolo anche con misure a fondo perduto in relazione ai bilanci ed alla realtà di ciascun operatore; insomma, creare una finanza buona, a cui deve però corrispondere un contributo significativo per far partire un percorso di nuova vitalità.

Certamente, lo Stato non può creare solo assistenza o beneficenza, ma quando meno dare una risposta aggregata in una situazione di crisi generale, deve allinearsi ad un processo di sviluppo basato anche nelle innovazioni, sui bisogni dei consumatori e dei lavoratori per raggiungere insieme obiettivi socialmente rilevanti  e per combattere contro le disuguaglianze sociali, il riscaldamento climatico e l’emergenza sanitaria.

Nell’attuale  involuzione economica, di una recessione  mondiale, l’uomo diventa soccombente dinnanzi ad un capitalismo finanziario, che non solo ha disarticolato anche politicamente gli stati europei e le politiche sociali, ma ha intaccato gli equilibri mondiali sulla politica economica a causa del coronavirus, incidendo in negativo sul tessuto economico-sociale, sulla organizzazione del lavoro, sul sistema produttivo, sul rapporto di forza tra gli stati, sulla identità nel convivere tra gli esseri, in ogni aspetto della vita e del convivere sociale.

Non mancheranno, egli scriveva, crisi presso tutti gli Stati moderni, non mancheranno contrasti di interesse e di classi. Non finiranno le difficoltà della disoccupazione e dell’emigrazione.

Concludo, con le parole del grande statista sacerdote don Luigi Sturzo.

Il valore di un popolo e di un Governo sarà quello di provvedersi in tempo a formare quelle zone di solidarietà umana e cristiana dove si sentirà meglio il calore di una moralità animata dalla carità, dalla sussidiarietà e dalla cooperazione.                             

 

A cura di Dott. Franco D’Urbino (Caltagirone/CT) * franco.durbino@ilpopolo.news * Consulente editoriale de “IL POPOLO”.

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Maria Leone
3 anni fa

Congratulazioni per questo articolo. Scritto molto bene e ricco di nozioni storico-politiche con cenni di soluzioni all’avanguardia