Il futuro demografico italiano è in caduta libera

Il futuro demografico italiano è in caduta libera

l’amore dà sempre vita.

L’Italia è sempre meno  svegliata dai vagiti dei bambini, perchè le nascite cominciano a dare segnali preoccupanti, la popolazione residente al 1 gennaio 2018 scende a 60 milioni 494mila, segnando una diminuzione del -1,6 per mille rispetto all’anno precedente. Un calo, che però non riguarda tutte le aree del Paese: Lombardia (+2,1 per mille), Emilia-Romagna (+0,8) e Lazio (+0,4), registrano variazioni di segno positivo. L’incremento relativo più consistente è quello della Provincia autonoma di Bolzano (+7,1).

Nel 2017 si è registrato, poi, un nuovo minimo storico per le nascite, che hanno toccato il picco del -2% rispetto al 2016, con solo 464mila nuovi nati. I decessi sono stati invece 647mila, 31mila in più del 2016 (+5,1%). Il saldo naturale della popolazione nel 2017 è dunque negativo (-183mila) e registra un nuovo minimo storico. Nonostante un livello inferiore di nascite, sottolinea l’Istituto demografico, il numero medio di figli per donna (1,34) risulta invariato rispetto all’anno precedente. L’età media al parto sale a 31,8 anni.

Il Mezzogiorno perderebbe popolazione per tutto il periodo mentre nel Centro-nord, dopo i primi trentanni di previsione con un bilancio demografico positivo, si avrebbe un progressivo declino della popolazione soltanto dal 2045 in avanti. La probabilità empirica che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggisupera il 30% mentre nel Mezzogiorno è nulla. È previsto negli anni a venire uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale.

Le future nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi: dopo pochi anni di previsione il saldo naturale raggiunge quota -200 mila, per poi passare la soglia -300 e -400 mila nel medio e lungo termine.

Dopo aver analizzato questi dati che possono far rabbrividire, potremmo partire da una considerazione, l’amore dà sempre vita.

Fissiamo bene in mente queste parole di Papa Francesco dal messaggio del Consiglio Episcopale.  “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”. La vita è dono di Dio e compito dell’uomo”(…). Un dono “legato alla stessa Rivelazione cristiana” e “oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli”.

I vescovi denunciano i segni negativi della cultura attuale “chiusa alla relazione, all’incontro” che punta sulla ricerca esasperata di interessi personali di parte nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri,  migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini dal concepimento alla poca cura verso gli anziani.
Il messaggio che ribadisce la sacralità della vita, dovrebbe sollecitare i credenti nel contestare la cultura corrente, pseudo libertaria secondo la quale l’uomo si ritiene padrone della vita e può negarla ai nascituri e può toglierla con l’eutanasia agli anziani.

Il tema, la vita è bella notizia per l’umanità, stride con i dati dell’Istat secondo cui le nascite sono in forte calo. I sociologi cominciano a preoccuparsi. Di anno in anno l’Italia invecchia e con lei l’intera Europa.
Possiamo quindi affermare che: “Le culle sono vuote, per l’Europa è una bomba ad orologeria”. o per i più ardui, “L’impoverimento di giovani rispetto agli anziani è il contrario del progresso di una società e ne segna il declino”.
In Italia, nell’arco di 9 anni, dal 2008 al 2017, le nascite sono diminuite di 120mila unità. Le cifre impressionano ancor di più tenendo conto che gli le coppie di origine italiana sono meno prolifiche di quelle venute da altri Paesi.

Il fenomeno deriva soprattutto da due fattori: le donne tendono a ritardare i tempi della maternità, molte hanno il primo figlio dopo i trent’anni. E pochi sono i bimbi nati all’interno del matrimonio. Ci si sposa sempre meno sia in chiesa che i comune. Dal lessico corrente sono spariti i termini fidanzati e sposi. Non ci sono più i morosi e le morose.

Nessuno si presenta più come marito o moglie, si parla solo di compagna e compagno. Di vincolo indissolubile parlano solo i preti o i comici come battuta.
Presentando questo messaggio alla stampa mons. Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, è andato dritto alla radice del problema: “Il bambino che viene alla luce ha bisogno di una casa, di una mamma e di un papà che, volendosi bene, lo accolgano e ne accompagnino la crescita.

 L’uomo è un essere sociale, Dio non l’ha creato single, ma coppia, uomo e donna, fatti l’uno per l’altro. E dall’amore di coppia vengono alla luce nuove creature. Il grande male della nostra società è l’individualismo, siamo tanto centrati sull’io che ci dimentichiamo di essere anche noi. L’uomo d’oggi pensa di essere solo, al centro dell’universo, vede nelle relazioni familiari e sociali solo dei condizionamenti alla propria autonomia. Sbiadisce il sensi di appartenenza alla famiglia, alla comunità, alla società. L’uomo d’oggi è povero di memoria e di speranza. Non pensa che la vita è dono d’amore che viene dai genitori, dai nonni, dai bisnonni, di tanti avi di cui s’è persa la memoria ma vivono nel suo DNA. La vita umana, ogni vita viene da lontano, da secoli di storia, richiede uno sguardo ampio sul passato e proteso al futuro.

L’inverno demografico deriva da un deficit di speranza, da una frustrazione nella capacità di sognare una società migliore, dove ogni persona abbia la propria dignità e e possa realizzarsi.
Per questo ogni bebè che viene al mondo è vangelo, notizia sorprendente, prospettiva di futuro. E’ anche affermazione che non esiste solo l’io.

Ogni uomo è unico. Singolare ma è anche famiglia, parentela, società. Nasce un bimbo e insieme nasce una mamma un papà, dei nonni, degli zii, dei cugini. Ecco perché la responsabilità di un figlio è condivisa da tutti, da Dio Padre per primo che ci affida la nuova vita come un dono. Non basta mettere al mondo una creatura ma di essa dobbiamo prenderci cura assieme, accompagnarla nella crescita in famiglie dove ci si prende cura gli uni degli altri.

 E’ proprio l’ultimo arrivato che ci porta a diventare più famiglia, a curare i rapporti di parentela, a sentirci parte della comunità cristiana che lo accoglie nel Battesimo e di quella civile in cui il neonato crescerà in vari contesti: scuola, lavoro. Cittadinanza come soggetto con diritti inalienabili e doveri sociali.

Antonio Gentile