Il 1° Maggio: l’enciclica Laborem Exercens attuale testamento sociale

Il 1° Maggio: l’enciclica Laborem Exercens  attuale testamento sociale

A cura di FERNANDO CIARROCCHI (Monteprandone / prov. Ascoli Piceno)

 fernando.ciarrocchi@dconline.info * Tel. 347-2577651

Vice-Segretario nazionale vicario del Dipartimento Sviluppo-Comunicazione-Marketing” della Democrazia Cristiana 

Vice-Direttore de “Il Popolo “ della Democrazia Cristiana

Coordinatore della redazione giornalistica de “Il Popolo” della Democrazia Cristiana.

Il 1° Maggio: l’enciclica Laborem Exercens  attuale testamento sociale 

Si parla di lavoro, pensando alla festa del primo maggio. Ma senza nulla togliere a nessuno, ci mancherebbe!, si può condividere o non condividere , il paradigma  il mondo del lavoro fa anche  riferimento, è San Giuseppe, il falegname, il padre di Gesù.

Non a caso infatti la Chiesa festeggia San Giuseppe lavoratore. San Giovanni Paoli II ha sempre sopralineato, appunto, che il 1° Maggio è la ricorrenza di San Giuseppe Lavoratore.

In tal senso non dimentichiamo   che la Dottrina Sociale della Chiesa è una delle maggiori pietre miliari tra i documenti del magistero della chiesa che pone al centro l’uomo, la persona nella sua integralità creata ad immagine e somiglianza di Dio.

Dunque non l’uomo per il lavoro, ma, il lavoro quale strumento per la realizzazione dell’uomo sempre nel rispetto della dignità e tutela dei diritti.

La straordinaria enciclica Laborem Exercens di Giovanni Paolo II (del 14 settembre 1981) esplicita ulteriormente tale concetto tanto che pone il lavoro al centro della vita sociale, considerandolo sì un dovere e un diritto, ma soprattutto un bene.

Una rilettura approfondita  permettere di comprendere come l’enciclica papale abbia influito sul pensiero degli economisti e dei politici in tutto il mondo del lavoro.

Nella Parola delle Sacre Scritture  è i scritto  questa verità fondamentale:  l’uomo, creato a immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all’opera del Creatore,, in un certo senso, continua a svilupparla e la completa, avanzando sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi nel creato.

La coscienza che il lavoro umano sia una partecipazione all’opera di Dio, è – come insegna il Concilio – anche «le ordinarie attività quotidiane. Gli uomini e le donne che per procurarsi il sostentamento per la famiglia.

Non bisogna mai smettere di continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive.

Per avere la giustizia sociale nel mondo e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro.

Tale solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame.

La Chiesa è impegnata in questa causa, perché è la sua missione, suo servizio, per essere Chiesa dei poveri.

E i poveri sono risultato della violazione della dignità della lavoro umano: vengono svalutati il lavoro ed i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia.

La fondamentale e primordiale intenzione di Dio nei riguardi dell’uomo, che Egli «creò … a sua somiglianza, a sua immagine», «Col sudore del tuo volto mangerai il pane».

Queste parole si riferiscono alla fatica a volte pesante, che da sempre accompagna il lavoro umano. Questa fatica è un fatto universalmente conosciuto. Lo sanno gli uomini del lavoro manuale, svolto talora in condizioni eccezionalmente gravose.

Lo sanno  gli agricoltori, i minatori nelle miniere, i siderurgici, gli uomini che lavorano nei cantieri edili i in frequente pericolo di vita.

Lo sanno, anche gli uomini del lavoro intellettuale, gli scienziati, lo sanno gli uomini che hanno la grande responsabilità di decisioni destinate ad avere vasta rilevanza sociale.

Lo sanno i medici, gli infermieri, che vigilano giorno e notte accanto ai malati

Lo sanno le donne, che, senza adeguato riconoscimento da parte della società hanno ogni giorno la fatica e la responsabilità della casa e dell’educazione dei figli.

Il lavoro è un bene dell’uomo – è un bene della sua umanità -, perché mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso.    Il lavoro è una sorgente di diritti da parte del lavoratore.

Questi diritti devono essere esaminati nel vasto contesto dei diritti dell’uomo, che gli sono connaturali, molti dei quali sono proclamati nelle istanze internazionali.

Gettando lo sguardo sull’intera famiglia umana, sparsa su tutta la terra, non si può non rimanere colpiti da un fatto;  da una parte cospicue risorse della natura rimangono inutilizzate, dall’altra  esistono schiere di disoccupati o di sotto-occupati : un fatto che, senza dubbio, sta ad attestare che vi è qualcosa che non funziona, e proprio nei punti più critici e di maggiore rilevanza sociale.

L’esperienza conferma che bisogna adoperarsi per la rivalutazione sociale dei compiti materni,  del bisogno che i figli hanno di cura, di amore e di affetto per potersi sviluppare come persone responsabili, moralmente e religiosamente mature e psicologicamente equilibrate.

Tornerà ad onore della società rendere possibile alla madre  di dedicarsi alla cura e all’educazione dei figli secondo i bisogni differenziati della loro età.