Economia Giusta: oltre al PIL calcoliamo anche il PIF !

Economia Giusta: oltre al PIL calcoliamo anche il PIF !

di ROBERTO PINNA (Cagliari) * roberto.pinna@dconline.info

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In questi questi tempi caratterizzati da slogan, massimalismi, affermazioni prese da Facebook (molte volte senza alcuna cognizione di causa), ho trovato il tempo di rileggere due libri. Il tema è quello della economia.

Questo al di là dagli schermi, dalle classiche teorie macroeconomiche che appresi all’università. Il primo libro è < L’economia decente > di Francesco Maggio; il secondo è <L’economia giusta di Edmondo Berselli.

Provo a sintetizzare alcuni concetti.

* le difficoltà in cui si dibatte l’economia, vengono da lontano, dalle teorie sbagliate degli studiosi e dalle cattive politiche, portate avanti da governanti convinti che con il liberismo finanziario si potesse produrre ricchezza.
*siamo sprofondati in una crisi tanto grave da portare all’impoverimento generalizzato, alla caduta dei livelli di occupazione e alla crescente disuguaglianza sociale.

*Certamente non sarà più possibile tornare alla crescita ruggente, finanziarizzata, basata sulla Borsa, le banche, i derivati, il trading.

*occorrerà guardare alla nostra storia, a quel modello renano e dell’economia sociale di mercato, realizzato dalle democrazie cristiane e dalle socialdemocrazie europee.

*dovremo adattarci ad avere meno risorse, il mondo occidentale andrà più piano, con la conseguenza che anche noi dovremo rallentare.

*sarà anche l’occasione per perseguire finalmente l’obiettivo fin qui fallito della ”economia giusta”, ovvero il raggiungimento di una distribuzione più equa della ricchezza, superando le scandalose sperequazioni odierne, provocati dai meccanismi economici fin qui operanti.

*economia decente:rispettosa della dignità umana (e per questo capace di contrastare la disoccupazione e il precariato), conforme al pudore (e, dunque, in grado di evitare le retribuzioni “spudorate” di alcuni top manager e l’arricchimento vertiginoso di una minoranza), decorosa nel suo funzionamento (cioè ancorata alla produzione industriale più che alla finanza speculativa).”.

*Siamo di fronte ad una brutta copia dell’economia, che potrebbe essere bella se solo pensasse davvero alle persone piuttosto che ai numeri, se solo gli economisti si decidessero a svestire l’economia degli ingombranti caratteri di “scienza”: essa è piuttosto una disciplina che deve trovare nell’interazione con altre discipline “sorelle” la sua forza, il suo arricchimento (storia, etica, psicologia, filosofia….) per rimettere al centro di tutto l’Uomo e la sua dignità.

* i due autori citati, dai quali ho sintetizzato il pensiero ci portano a riflettere sull’urgenza da parte degli esperti di Economia affinchè si impegnino per recuperare l’aspetto umano di questa disciplina, così che la nostra società sia più decente, decorosa, rispettosa davvero per tutti.

Danimarca, Svizzera, Islanda, Norvegia, Finlandia, Canada, Olanda e giù fino al cinquantesimo posto. L’Italia non è un Paese tanto felice, anche se in questa lista di nazioni felici è messa meglio della Siria, dell’Afghanistan e dei Paesi della fascia sub-sahariana. Il Burundi è l’ultimo in classifica.

Dopo il Pil arriva il Pif, il “prodotto interno della felicità”, come indicatore di sviluppo ma che non misura il benessere delle società in termini di 3% (come Maastricht).

I parametri di qualità della vita sono al centro del rapporto mondiale 2016 “World Happiness”, che classifica 156 Paesi.

Lo studio è stato presentato a Roma (nell’ambito di un convegno di tre giorni organizzato dalla Lumsa e da Tor Vergata), alla vigilia della giornata mondiale della Felicità delle Nazioni Unite che ricorre il 20 marzo.

Il Paese scandinavo quest’anno ha battuto la Svizzera, conquistando il primo posto della classifica che era stata risultata primatista lo scorso anno.

Gli Usa si classificano al 13esimo posto, due posizioni più in alto rispetto al 2015.

il Regno Unito è 23esimo, mentre l’Italia non migliora rispetto a un anno fa.

Siamo preceduti persino da Uzbekistan, Malaysia e Nicaragua e registriamo il maggiore calo della felicità negli ultimi anni. Alcuni Paesi europei, si legge nello studio, «soffrono di un insieme di tensioni economiche, politiche e sociali. Tre di questi – Grecia, Italia e Spagna – sono tra i Paesi dell’Eurozona più colpiti» dalla crisi.

Come calcolare il Pif? I fattori da tenere in considerazione sono diversi. Tanto per cominciare le persone si dimostrano più felici se vivono in società dove le disuguaglianze sono ridotte. Per calcolare la felicità si tiene presente il Pil reale pro capite, l’aspettativa di vita in buona salute, l’avere qualcuno su cui contare, la libertà percepita nel fare scelte di vita, la mancanza di corruzione e la generosità o solidarietà.

«La misurazione della felicità percepita e il raggiungimento del benessere dovrebbero essere attività all’ordine del giorno di ogni nazione che si propone di perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile», ha affermato Jeffrey Sachs, co-redattore del rapporto e direttore dell’Earth Institute alla Columbia University.

«Al posto di adottare un approccio incentrato esclusivamente sulla crescita economica – ha aggiunto – dovremmo promuovere società più giuste e sostenibili dal punto di vista ambientale».

di ROBERTO PINNA (Cagliari) * roberto.pinna@dconline.info

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