GIOVANNI FALCONE 32 ANNI DOPO: SPIEGARE CAPACI AI PIU’ PICCOLI E TRAMANDARE LA MEMORIA

GIOVANNI FALCONE 32 ANNI DOPO: SPIEGARE CAPACI AI PIU’ PICCOLI E TRAMANDARE LA MEMORIA

A cura di Dott. LORENZO RANIOLO (Gela/CL) – dott.lorenzoraniolo@tiscali.it – Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana

dott. Lorenzo Raniolo

<GIOVANNI FALCONE 32 ANNI DOPO: SPIEGARE CAPACI AI PIU’ PICCOLI E TRAMANDARE LA MEMORIA>

“Chiunque è in grado di esprimere qualcosa deve esprimerlo al meglio. Questo è tutto quello che si può dire, non si può chiedere perché. Non si può chiedere ad un alpinista perché lo fa. Lo fa e basta. A scuola avevo un professore di filosofia che voleva sapere se, secondo noi, si era felici quando si è ricchi o quando si soddisfano gli ideali. Allora avrei risposto: Quando si è ricchi. Invece aveva ragione lui.”

Oggi ricordiamo la 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗴𝗲 𝗱𝗶 𝗖𝗮𝗽𝗮𝗰𝗶 in cui persero la vita il magistrato antimafia 𝗚𝗶𝗼𝘃𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗙𝗮𝗹𝗰𝗼𝗻𝗲, la moglie, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro per mano di cosa nostra.
Il 𝟮𝟯 𝗺𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 è anche divenuta 𝗹𝗮 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗲𝗴𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀ una ricorrenza nazionale in cui ogni anno crescono sempre più le manifestazioni su tutto il territorio, partecipate soprattutto da giovani e associazioni.
A questi importanti momenti di riflessione, racconto e sensibilizzazione è fondamentale che le istituzioni diano seguito con azioni concrete e soprattutto con l’esempio.
Stiamo vivendo un momento triste per la politica nazionale e regionale in cui, arresti e indagini per corruzione e rapporti con la criminalità organizzata la fanno da padrone a discapito di un’azione amministrativa volta al bene comune.
Il risultato? È la totale disaffezione dei cittadini alle urne, con il pensiero comune che nulla serve partecipare alla scelta.
“𝑪𝒉𝒆 𝒍𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒆 𝒔𝒊𝒂𝒏𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒊̀, 𝒏𝒐𝒏 𝒗𝒖𝒐𝒍 𝒅𝒊𝒓𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒆𝒃𝒃𝒂𝒏𝒐 𝒂𝒏𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒊̀. 𝑺𝒐𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆, 𝒒𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒔𝒊 𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒎𝒃𝒐𝒄𝒄𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒍𝒆 𝒎𝒂𝒏𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒆 𝒊𝒏𝒄𝒐𝒎𝒊𝒏𝒄𝒊𝒂𝒓𝒆 𝒂 𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂𝒓𝒆, 𝒗𝒊 𝒆̀ 𝒖𝒏 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒂 𝒑𝒂𝒈𝒂𝒓𝒆, 𝒆𝒅 𝒆̀ 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒍𝒂 𝒔𝒕𝒓𝒂𝒈𝒓𝒂𝒏𝒅𝒆 𝒎𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐𝒓𝒂𝒏𝒛𝒂 𝒑𝒓𝒆𝒇𝒆𝒓𝒊𝒔𝒄𝒆 𝒍𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒑𝒊𝒖𝒕𝒕𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒇𝒂𝒓𝒆”.

GIOVANNI FALCONE