Una riflessione sul cammino quaresimale alla terza domenica di Quaresima. > (seconda parte)

Una riflessione sul cammino quaresimale alla terza domenica di Quaresima. > (seconda parte)
Daniele De Vito (Roma)

A cura di Daniele De Vito (Roma) *

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< Una riflessione sul cammino quaresimale alla terza domenica di Quaresima > (seconda parte)

San Leone Magno, nel suo Sermone 74, dice che “abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi; allontanarsi dalla vanità e rinunciare ad ogni errore: nessun impudico, nessun lussurioso, nessun superbo, né avaro, celebra la Pasqua del Signore”.

San Gregorio Magno ci ricorda che “in due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri.

Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato porta la croce del Signore… portare la croce e seguire il Signore significare rinunciare ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per zelo della beatitudine: chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce ma non segue il Signore!”.

Questi pochi riferimenti patristici ci permettono di meglio apprezzare il tema svolto dall’innografia del giorno e che si protrarrà per tutta la settimana, ovvero la dinamica del mistero pasquale: il Creatore prende in sé il creato per discendere con esso fino alla morte e risalire con esso fino alla vita vera; per essere trascinati con lui in questo movimento che sollecita la nostra libera adesione, dobbiamo eliminare gli ostacoli chi si frappongono; con l’amore e l’ascesi, guidati dalla liturgia, chiediamo la grazia per il nostro ritorno nel Regno, al prezzo di un sacrificio impensabile da parte del Figlio di Dio e di un sacrificio tutto sommato ragionevole da parte nostra.

Ma se il tono degli uffici finora era, ovviamente, prevalentemente penitenziale, oggi siamo sorpresi: la chiave di lettura della Croce non è la sofferenza e la morte, ma la gioia della vita recuperata.

Già nel Lucernario del Vespero cantiamo: “Per te è stata cancellata la tristezza delle lacrime, noi siamo stati strappati dai lacci della morte e trasferiti nella letizia eterna”.

“Gioisci, Croce vivificante, splendido paradiso della Chiesa, albero dell’incorruttibilità che per noi hai fatto fiorire il gaudio dell’eterna gloria; per te vengono respinte le falangi dei demoni, si rallegrano insieme le schiere degli angeli e fanno festa le assemblee dei fedeli: concedi anche a noi di giungere alla passione di Cristo e alla sua risurrezione”.

“Per te è annientata la corruzione, distrutta e inghiottita la potenza della morte, e noi siamo stati innalzati dalla terra al cielo”.

La Croce di Cristo è il nuovo albero che sostituisce quello piantato nel giardino dell’Eden: se questo era l’albero della conoscenza del bene e del male, ora la Croce stessa diviene il criterio per un tale discernimento, fondamento antropologico a partire dal nuovo Adamo.

“Vieni, o prima coppia creata, che sei decaduta dal coro celeste per l’invidia dell’omicida, tramite l’amaro piacere del frutto un tempo gustato dall’albero: ecco, avanza il vero e augustissimo albero!

Ad esso accorrete e stringetelo con gioia acclamando con fede: tu sei il nostro soccorso, o Croce venerabilissima, e noi comunicando al tuo frutto otteniamo l’incorruttibilità, ricevendo stabilmente l’Eden di un tempo e la grande misericordia”.

La Croce è lo stilo che, intinto nel sangue stesso di Cristo in luogo dell’inchiostro, scrive il nostro atto di perdono: “Cristo, Dio nostro, che hai accettato la tua crocifissione volontaria in vista della comune resurrezione del genere umano, e con lo stilo della croce hai arrossato di sangue le tue dita per sottoscrivere regalmente, nella tua benevolenza, l’atto del perdono, non trascurarci mentre siamo di nuovo in pericolo di essere separati da te”.

Che sia una domenica quaresimale davvero particolare diventa evidente durante il mattutino: il canone è opera di Teodoro Studita, autore già incontrato in precedenza, e per sottolineare ulteriormente il tono di gioia e di vittoria, viene parafrasato il canone del mattutino di Pasqua, opera di san Giovanni Damasceno.

“Giorno di festa solenne: con la risurrezione di Cristo la morte è distrutta ed è sorto lo splendore della vita; Adamo risuscitato danza con gioia”. “Venite, cantiamo un canto nuovo, esaltando la distruzione dell’ade, perché Cristo è risorto dalla tomba abbattendo la morte e salvando l’universo”.

Ogni riferimento valorizza e intensifica quanto si sta vivendo, collocando l’ascesi quaresimale nella giusta prospettiva: “Venite ad attingere, fedeli, non acqua corruttibile zampillante da una fonte, ma la sorgente della luce, grazie all’adorazione della Croce di Cristo, della quale ci gloriamo”.

“Oggi si compie la parola profetica: perché, ecco, noi adoriamo il luogo dove si sono posati i tuoi piedi, Signore, e avendo gustato dell’albero della salvezza, abbiamo ottenuto la liberazione dalle passioni del peccato, per l’intercessione della Madre di Dio, o solo amico degli uomini”. “Convenendo oggi per la gioiosa adorazione della tua Croce vivificante, o Cristo, facciamo onore alla tua santissima passione che, nella tua onnipotenza, hai reso salvezza del mondo, o Salvatore”.

Il cosmo rinasce, è ricreato: ”Oggi è gioia in cielo e sulla terra, perché il segno della Croce si manifesta al mondo, la beatissima Croce, esposta, fa sgorgare eterna grazia per quanti l’adorano”. “Vedendoti sulla Croce, o Potente, il luminare grande, preso da tremore, ritrasse i suoi raggi e si nascose; tutto il creato celebrò con timore la tua longanimità: la terra si riempì della tua lode”.
Più che tanti trattati, ecco il fondamento dell’ecclesiologia in una immagine: “Riconosciamo nella Chiesa un secondo paradiso che ha in se, come il primo, un albero che da la vita: la tua Croce, o Signore, toccandola noi diventiamo partecipi dell’immortalità”.