Toto Cutugno, 80 anni sbagliati e perfetti
Il cantante simbolo globale del nazional-popolare italiano ci lascia a 80 anni, di cui 60 passati sui palchi di mezzo mondo. Non è il momento di criticarlo, né di rivalutarlo: solo di riconoscere il suo status di
C’è una pagina Facebook che si chiama La stessa foto di Toto Cutugno ogni giorno. E fa esattamente questo: postare sempre la stessa immagine, un ritratto del cantante del 1980 preso direttamente dalla pagina Wikipedia a lui dedicata. Ogni giorno. Da quasi nove anni. Un chiaro esempio di performance artistica situazionista, seguita da poco meno di ottantamila persone, e capace di attirare quotidianamente contatti e commenti. Viene da chiedersi se sarebbe stato lo stesso, con l’immagine di un altro cantante. Già, perché l’icona-Toto Cutugno è diversa da ogni altra, nel mondo della musica italiana: già storicizzata come monumento pop, e allo stesso tempo protagonista di una memoria che divide. Toto Cutugno che piace a tutti, eppure non piace a nessuno.
Talento pop o talento trash?
In questi ottant’anni infatti, l’uomo nato Salvatore Cutugno il 7 luglio del 1943 è stato spesso identificato come il cantore del famigerato nazional-popolare italiano nella sua accezione più negativa, quando non direttamente come portabandiera del trash. Toto Cutugno con i capelli troppo laccati, Toto Cutugno permaloso che litiga con i giornalisti, Toto Cutugno che sta antipatico agli altri cantanti, Toto Cutugno che arriva sempre secondo a Sanremo (che poi a ben vedere, vinse a mani basse alla sua prima apparizione da solista)… E certo, legare il proprio nome a doppio filo con quello del festival della canzone italiana (15 partecipazioni, un club esclusivo di cui fanno parte solo altri 4 artisti) magari non lo ha aiutato a farsi amare dalla critica e dalla stampa, che generalmente preferiscono chi si muove fuori dal mainstream. Tuttavia, è impossibile negare che Cutugno sia stato un musicista di raro talento – il pubblico era abituato a pensarlo al pianoforte, ma fu notoriamente un polistrumentista capace di dire la sua con sassofono, chitarra e persino batteria – e un autore inaspettatamente colto, non solo nelle ispirazioni (la passione giovanile per il jazz), ma anche nella produzione per altri: basti pensare a Il tempo se ne va per Adriano Celentano o Volevo amarti un po’ per Ornella Vanoni
Franco Capanna.