A cura di Dott. Angelo Sandri (Cervignano del Friuli/UD)
Segretario politico nazionale della Democrazia Cristiana
Direttore Responsabile de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana
< SI E’ FATTA MEMORIA QUEST’OGGI (26 NOVEMBRE 2021) DEL CENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI DON LUIGI STURZO >.
Si è ricordato quest’oggi (26 novembre 2021) il centocinquantesimo anniversario della nascita di don Luigi Sturzo.
Egli infatti nacque a Caltagirone il 26 novembre 1871 da Felice Sturzo e Caterina Boscarelli.
Il padre faceva parte della nobile famiglia dei Baroni d’Altobrando e la madre faceva parte di una famiglia borghese calatina. ahlabet. com
Frequentò il Seminario di Caltagirone (CT) dove soggiornò dal 1883 al 1886. Il 19 maggio del 1894 fu ordinato sacerdote alla Chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone dal Vescovo Saverio Gerbino.
Nel 1897 istituì a Caltagirone (CT) una Cassa Rurale dedicata a San Giacomo e una mutua cooperativa, che diede molto fastidio ai liberali conservatori.
Fondò anche il giornale di orientamento politico-sociale “La croce di Costantino“ il 7 marzo 1897.
Oltre a notevoli consensi, il giornale suscitò le ire dei massoni a causa del metodo rettilineo e coraggioso che usava Luigi Sturzo per ottenere i consensi, quindi il 20 settembre 1897 bruciarono una copia del giornale, nella piazza principale di Caltagirone.
Con i fatti di maggio del 1898, le repressioni antioperaie e gli stati d’assedio nelle principali città si comincia a delineare l’impossibilità della convivenza all’interno dell’Opera dei Congressi fra conservatori e democratici cristiani.
Il mantenimento dell’unità dei cattolici, voluta da papa Leone XIII diventava sempre più arduo.
Il sacerdote di Caltagirone tentò invano di introdurre nell’Opera una riflessione sui problemi dell’Italia Meridionale, che aveva sempre più approfondito nell’esperienza diretta del mondo contadino negli anni della crisi agraria.
Lo storico Gabriele De Rosa scrisse che: “Pochi ebbero – come don Luigi Sturzo – la conoscenza specifica della struttura agraria e artigianale siciliana e la sua capacità di analisi degli effetti negativi del processo di espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesia agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza“.
Tra le cause della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la “forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime; la lotta rovinosa che si facevano gli artigiani locali, la mancanza di capitali, l’indebitamento, l’impoverimento delle campagne dovuto alla crisi agraria“.
Luigi Sturzo nel 1900 fu visto tra i fondatori della Democrazia Cristiana Italiana guidato da Romolo Murri.
Verso i primi anni del Novecento Luigi Sturzo divenne il collaboratore del quotidiano cattolico “Il Sole del Mezzogiorno“ e nel 1902 guidò i cattolici di Caltagirone alle elezioni amministrative.
Nel 1905 verrà nominato consigliere provinciale della Provincia di Catania. Sempre nel 1905, alla vigilia di Natale, pronunciò a Caltagirone il discorso sui “Problemi della vita nazionale dei cattolici”, superando il “non expedit”.
Nello stesso anno venne eletto pro-sindaco di Caltagirone (carica che mantenne fino al 1920). العاب حصان سباق Nel 1912 divenne Vice-Presidente dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia.
Nel 1915, essendo stato molto attivo nell”Azione Cattolica italiana, divenne Segretario generale della Giunta Centrale del movimento.
Nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano (del quale divenne segretario politico fino al 1923).
Il 18 gennaio 1919 si compie ciò che a molti è apparso l’evento politico più significativo dall’unità d’Italia: dall’albergo Santa Chiara di Roma, don Sturzo lanciò il famoso “Appello ai Liberi e Forti, carta istitutiva del Partito Popolare Italiano”. الموقع الرسمي لقنوات بي اوت كيو
«A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà» |
Nello stesso anno, infine, uscì a Roma “Il Popolo Nuovo“, organo settimanale del nuvo partito.
Don Sturzo rese il Partito Popolare Italiano una formazione molto influente nella politica italiana.
Contro il parere di Sturzo, dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) il PPI accettò di sostenere il primo governo Mussolini, ottenendo due importanti ministeri (Tesoro, Lavoro e Previdenza sociale).
Al IV Congresso nazionale del Partito Popolare (Torino, 12-14 aprile 1923), Luigi Sturzo, sostenuto dalla sinistra di di Luigi e Girolamo Meda, fece prevalere la tesi dell’incompatibilità fra la concezione “popolare” dello Stato e quella totalitaria del fascismo.
La posizione assunta da Sturzo al IV Congresso nazionale del Partito Popolare Italiano aveva offerto il destro a Mussolini per duri attacchi contro il PPI.
Il capo del Fascismo colse l’occasione anche per dare inizio a una dura campagna contro il “sinistro prete”, presentando Sturzo come un ostacolo alla soluzione della questione romana.
Mussolini fece anche in modo che Sturzo perdesse l’appoggio delle gerarchie vaticane. Alla fine di questa campagna denigratoria, il 10 luglio 1923, il prete di Caltagirone fu praticamente costretto a dimettersi da Segretario del partito.
Nel partito si esasperò (con espulsioni e migrazioni verso il PNF) il contrasto tra due anime: la sinistra contraria ad accordarsi con il Governo e la destra favorevole alla collaborazione.
Alla fine le due correnti del partito pattuirono una condossa assai ambigua: “né opposizione, né collaborazione”.
Una linea che durò ben poco , visto che alcuni esponenti popolari scelsero di passare all’opposizione, mentre la corrente di destra continuava a collaborare con Mussolini.
Don Luigi Sturzo decise dunque di lasciare gli incarichi nel partito e si rifugiò dal 1924 al 1940 prima a Londra, poi a Parigi ed infine a New York.
A Londra animò diversi gruppi politici di italiani fuoriusciti e di cattolici europei, fondando il “People and Freedom Group”.
Negli USA intrecciò rapporti con vari personaggi tra cui Arturo Toscaninim Carlo Sforza, Mario Einaudi e Gaetano Salvemini. Quest’ultimo era il suo amico non credente che ebbe a definire l’esule di Caltagirone “Himalaya di certezza e di volontà”.
Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia, nel luglio 1943, Luigi Sturzo riprese i contatti con gli esponenti cattolici siciliani, come Giuseppe Alessi, Gaspare Ambrosini, Salvatore Aldisio e Paola Tocco Verduci, fondatrice in Sicilia del Movimento Femminile Democrazia Cristiana e prima donna membro di un Governo in Italia pur se regionale (Regione siciliana).
Fu tra i sostenitori della concessione dell’autonomia speciale alla Sicilia.
Dopo il referendum tra monarchia e repubblica ritornò in Italia, sbarcando a Napoli il 5 settembre 1946 e stabilendosi nella casa generalizia delle Canossiane in Roma.
Fu il primo a sollevare il problema della “questione morale” pubblicando già nel novembre 1946 su L’Italia un articolo dal titolo: “Moralizziamo la vita pubblica”.
Continuò poi questa sua battaglia su “Il Giornale d’Italia” parlando delle tre “male bestie” che infettavano il sistema italiano: la partitocrazia, lo statalismo e l’abuso del denaro pubblico.
Fu contrario all’idea dello Stato imprenditore facendo una netta distinzione tra Stato e statalismo: “Lo Stato è un ordine necessario al vivere civile, lo statalismo è il distruttore di ogni ordine istituzionale e di ogni morale amministrativa“.
Difese la libera iniziativa e la cultura del rischio contro lo Stato paternalista: “Lo Stato deve facilitare e integrare l’iniziativa privata, non sostituirla al punto di paralizzarne la funzione“.
E fu il primo a parlare di “democrazia imperfetta” quando, dopo le elezioni del 1948, De Gasperi andò a trovarlo per comunicargli il successo democristiano.
Democrazia imperfetta perché senza regolare alternativa per il buon governo dell’Italia.
Sturzo accettò la nomina, aderendo al gruppo misto, solo dopo aver ricevuto la dispensa da Pio XII.
Nel marzo 1959 pubblicò sul “Il Giornale d’Italia” il suo “Appello ai Siciliani”, uno dei primi testi a parlare esplicitamente dei mafiosi (l’Appello ha dato il titolo anche a una sua raccolta postuma di articoli).
Morì a Roma l’8 agosto 1959 all’età di ottantasette anni. E’ sepolto nella chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone, dove la salma è stata traslata il 3 giugno 1962.
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