IL VOTO ALLE DONNE

IL VOTO ALLE DONNE
Lorenzo Raniolo (Caltanissetta)

A cura di Lorenzo Raniolo (Caltanissetta) *

lorenzo.raniolo@dconline.info *

Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana

< IL VOTO ALLE DONNE >

Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo diricordare il settantacinquesimo anniversario della promulgazione della Costituzione della Repubblica italiana avvenuta il 27 settembre 1947.

Gabriella Strizzi (Ancona)

Il nostro giornale democristiano – IL POPOLO della Democrazia Cristiana – intende dunque approfondire alcuni aspetti legati a quel mirabile documento che sta alla base della vita democratica del nostro Stato.

E cominciamo dunque con l’approfondire uno degli aspetti molto importanti contenuti nella Costituzione della Repubblica italiana.

Mioara Done (Roma)

Nel 1946 un decreto dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Ivanoe Bonomi concesse anche alle donne il diritto di voto.

Esso fu esercitato per la prima volta a livello nel referendum istituzionale, nelle elezioni amministrative e politiche per l’Assemblea Costituente avvenuto il 2 giugno 1946.

Nell’Italia repubblicana dopo alcuni anni (troppi!) fu riconosciuto alle donne la possibilità di intraprendere a pieno la carriere nella magistratura, ma per avere le donne in polizia si dovranno aspettare gli anni ’70 e nell’esercito solo ora, alle soglie del 2000, sono state approvate le leggi che permettono anche alle donne di svolgere attività militare.

Graziella Duca Arcuri (Cosenza)

In altri Statil’inserimento delle donne in tali ambiti era già avvenuta da tempo.

Nel caso dello Stato di Israele fin dalla fondazione (1948) le donne erano inserite nelle forze armate regolari e in Gran Bretagna e Usa potevano svolgere compiti e mansioni militari seppur, fino a tempi relativamente recenti non potevano prendere parte ai combattimenti e agli scontri.

Gabriella Fardella (Roma)

Una delle principali battaglie del movimento femminile a partire dalla fine del 1800 fu quella contro la prostituzione organizzata e legalizzata.

Alla base di queste lotte stava la necessità di ribadire l’uguaglianza sociale e di diritti delle donne: anche loro avevano una propria dignità che la legge e lo Stato dovevano tutelare e non contribuire a calpestare.

In Italia tale lotta fu coronata da successo con l’approvazione, nei primi anni ’60, di una legge, nota come Legge Merlin (dal nome della sua proponente e massima sostenitrice, la senatrice socialista Lina Merlin) che chiudeva le case di tolleranza (le cosiddette “case chiuse”) e considerava lo sfruttamento della prostituzione come un reato.

Emanuela Pecorario (Roma)

Il riconoscimento dell’eguaglianza anche morale e soprattutto di una completa emancipazione lo si ebbe dopo le ventata del 1968, quando le donne di tutti i paesi occidentali rivendicarono in massa i propri diritti fino ad allora disattesi e riuscirono, con anni di lotte anche clamorose, a vederli in parte soddisfatti.

Natascia Pizzutti (Trieste)

Fu anche grazie alle proteste delle femministe degli anni ’60 e ’70 che le in Italia fu approvata la legge sul divorzio e poi quella sull’aborto.

Anche nel campo del lavoro di ebbe una progressiva entrata in massa delle donne nelle tradizionali attività maschili.

Una nota particolare va fatta per quanto riguarda la politica: in Inghilterra, Norvegia, Francia e nelle Filippine si sono avuti capi del governo di sesso femminile che non hanno certo sfigurato (si possono muovere delle critiche, ma esse sono di carattere politico e non basate sulla dicotomia uomo/donna).

In altri paesi le donne ricoprono importanti cariche manageriali e di governo, mentre in Italia la situazione è stata a lungo ed è tuttora molto insoddisfacente.

Patrizia Cosenza (Trapani)

Ciò che va assolutamente evitato è una sorta di “vendetta” da parte maschile che potrebbe interpretare e applicare un’uguaglianza che non tiene conto delle diverse strutture fisiche di un uomo e di una donna.

Francesca Vecchini (Lodi)

Forme di perdurante e nuova discriminazione sono, ad esempio, il realizzare test uguali per uomini e donne nell’accesso ad alcune professioni in cui servano doti di elevata forza fisica (esempio il militare) o l’adottare le stesse pene in caso di detenzione.

Tutto questo non è uguaglianza, ma una forma sottile e crudele di equiparazione indiscriminata e un po’ punitiva.

Queste donne hanno lottato con strumenti dissuasivi di grande impatto come riviste e giornali appositamente ideati e realizzati che hanno permesso una maturazione delle donne che è stata ben evidente nel momento in cui sono state chiamate a svolgere attività intellettuali fino ad allora prettamente maschili.

 

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