Quali politiche per far partire lo sviluppo: spunti per il programma della Democrazia Cristiana.

A cura di ROBERTO PINNA (Cagliari) * Segretario organizzativo regionale D.C. Sardegna
roberto.pinna@dconline.info *  349-0083303 * Pag. FB <DemocraziaCristianaOnline>
    www.ilpopolo.news * www.democraziacristianaonline.it 

< Quali politiche per far partire lo sviluppo: spunti per il programma della Democrazia Cristiana >.

Ripescando alcuni miei appunti durante i miei studi nella Facoltà di psicoeconomia, con particolare riferimento ai lavori di Joseph Stiglitz (premio Nobel per l’economia), tento di dare il mio contributo.
In primo luogo è utile capire cosa si intende per sviluppo economico: “Lo sviluppo economico è il processo di cambiamento quantitativo e qualitativo dell’economia di una regione e/o di un intero paese in più settori strategici, quali il capitale umano, le infrastrutture critiche, la competitività, la sicurezza, la salute ecc.
Tipicamente si intende paese in via di sviluppo quello che passa da una economia costituita da attività primarie (agricoltura e lo sfruttamento delle risorse naturali) ad un’ampia complessa e di tipo industriale. È chiaro, essendo l’Italia costituita da regioni che vivono problematiche diverse, ed è utile, entrando nello specifico, studiare soluzioni che tengano conto delle diverse peculiarità. 
Per la Sardegna, per fare solo un esempio, le priorità sono: continuità territoriale, viabilità interna, risanamento ambientale siti industriali dismessi, zona franca.
Ma prima, credo , bisogna creare una cornice più generale. Il citato Stiglitz propone 4 soluzioni.
La prima è ristabilire un bilanciamento tra i mercati, lo Stato e la società civile. La bassa crescita dell’economia, la crescita delle diseguaglianze, l’instabilità finanziaria e il degrado dell’ambiente sono tutti problemi nati dal mercato, per cui non saranno corretti dal mercato da solo.
I governi hanno il dovere di limitare e dar forma ai mercati attraverso una regolamentazione per l’ambiente, per la salute, per l’occupazione. E’ anche compito dello Stato fare ciò che il mercato non può o non vuole fare, come investire nella ricerca di base, nella tecnologia, nell’educazione e nella salute.
La seconda priorità è riconoscere che la ‘ricchezza delle nazioni’ è il risultato della ricerca scientifica e dell’organizzazione sociale che permette a grandi gruppi di persone di lavorare insieme per il bene comune. Il mercato può ancora avere un ruolo cruciale nel facilitare la cooperazione sociale, ma soltanto se governato da un sistema di regole e di controlli democratici. Se non è così, gli individui possono arricchirsi sfruttando gli altri ed estraendo ricchezza dalla rendita piuttosto che cercare di crearla.
Molti dei ricchi di oggi hanno scelto la strada dello sfruttamento per arrivare dove sono, aiutati dalle politiche di Trump che hanno incoraggiato la ricerca della rendita distruggendo le fonti sottostanti di creazione di ricchezza. Il capitalismo progressista punta a fare precisamente l’opposto.
Questo porta alla terza priorità: Affrontare il crescente problema del potere di mercato concentrato. Sfruttando vantaggi informativi, comprando potenziali competitor e creando barriere all’entrata, imprese dominanti sono in grado di mettere in atto uno sfruttamento della rendita su larga scala a detrimento di tutti gli altri.
La crescita del potere di mercato delle imprese, in combinazione con il declino del potere contrattuale dei lavoratori spiega molto della forte crescita delle diseguaglianze e della bassa crescita dell’economia. Fino a che il governo non svolge un ruolo più ampio di quello che consigliano i neoliberisti, questi problemi non potranno che peggiorare, grazie all’avanzamento della robotizzazione e dell’intelligenza artificiale.
Infine, il quarto punto nell’agenda è recidere il collegamento tra potere economico e influenza politicache vanno a braccetto specialmente dove, come in America, ricchi facoltosi o aziende possono spendere senza limiti nelle elezioni.
Mentre gli Stati Uniti stanno diventando il paese dell’<un dollaro un voto>, probabilmente il sistema dei pesi e contrappesi non può reggere: nulla riuscirà a vincolare il potere della ricchezza.
Questo non è solo un problema morale e politico: le economie con meno ineguaglianze performano meglio. Le riforme del capitalismo progressista devono dunque iniziare a limitare l’influenza dei soldi in politica.
La conclusione di Stiglitz è che “non c’è una pallottola magica che permetta di rimediare ai danni causati dalla ricetta neoliberista degli ultimi decenni. Ma un’agenda completa su questo linee può fare molto. Molto dipenderà dalla determinazione dei riformatori nel combattere problemi quali l’eccessivo potere di mercato e l’ineguaglianza delle classi sociali, e se sarà superiore alla risolutezza del settore privato nel crearli. Un’agenda completa deve puntare sull’educazione, la ricerca e le altre vere fonti di ricchezza. Deve proteggere l’ambiente e combattere il cambiamento climatico .
Insomma interessanti punti da meditare.
A cura di ROBERTO PINNA (Cagliari) * Segretario organizzativo regionale D.C. Sardegna
roberto.pinna@dconline.info *  349-0083303 * Pag. FB <DemocraziaCristianaOnline>
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Alessandro Pinto
4 anni fa

Egregio Dott. Pinna, ho letto il suo articolo. Reputo che se in primis lo Stato non elabora un Piano Industriale Economico condiviso dai lavoratori, dalla Confindustria e dagli investitori istituzionali, non si realizza ricchezza. Mi scuso se non ho utilizzato termini tecnici di economia,ma il parlare semplice e chiaro è un modo per farsi capire.
Cordialmente.
A. Pinto

Anonymous
4 anni fa

Gent.mo Dr. Pinna,
Se nelle mie vene non scorresse sangue della magica e fiabesca Icnusa le avrei risposto diversamente.
Proprio dalla nostra terra nel lontano 1847, siamo passati dal Ducato di Savoia al Regno di Sardegna,perdendo in un sol colpo la nostra autonomia e la proverbiale inclinazione alla superstizione…l’economia è troppo seria ed a noi basta un Paolo Savona osteggiato dal nostro Presidente, ma non perché competente, ma perché lontanamente ebreo quanto l’ungherese Soros che invece di finanziare la DC preferisce la Bonino…valli a capire questi economisti.che non sanno ancora distinguere un hostes dai inimici. Con ogni mio riguardo. P.p.Foti