L’Europa dopo il Coronavirus

Il 25 marzo 1957 a Roma, vennero firmati i Trattati costitutivi della Comunità Economica Europea. I Trattati furono firmati dai governi di Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Quella Comunità Europea sorgeva sulle profonde rovine causate da due guerre mondiali, e nell’ottica di avviare finalmente un processo di crescita e di cooperazione tra Stati, con il fermo proposito di scongiurare un terzo conflitto.

 

Con la firma del trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, sottoscritto dai rappresentanti di 12 paesi, veniva intrapreso un cammino mirato a trasformare quella che era una semplice alleanza economica in uno Stato Federale Continentale, entrato formalmente in vigore il primo Novembre 1993, data di istituzione ufficiale dell’Unione Europea. Il significato di Unione Europea dal punto di vista del diritto e delle relazioni internazionali, si definisce quale organizzazione internazionale regionale di integrazione economica e politica, dotata di personalità giuridica.

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L’attuale UE è un’entità non facilmente definibile, si potrebbe classificarla in uno Stato federale continentale, definizione che presenta ampi margini di errore; non dispone di organi di governo in grado di esercitare un potere diretto sul territorio degli Stati che la compongono, per cui tutte le disposizioni di legge europee, emanate prima di andare in vigore, devono essere precedentemente recepite nelle legislazioni dei singoli Stati.

Anche i trattati sui quali si fonda l’esistenza dell’Unione non sono validi sin quando gli Stati non ritengono di aderirvi: se uno Stato decide di uscire dall’Unione, come ha fatto recentemente il Regno Unito, revoca semplicemente la sua adesione ai trattati, ovviamente con tutte le conseguenze che ciò comporta. Tecnicamente e giuridicamente l’Unione Europea non è una federazione di Stati in quanto, in tale situazione, gli Stati membri perdono la sovranità esterna, che è totalmente delegata al potere centrale; gli Stati dell’Unione Europea mantengono alcune prerogative come intrattenere rapporti internazionali, cedendo parti di sovranità alle istituzioni comunitarie.

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Il breve excursus storico della nascita dell’Unione Europea, si è reso necessario per meglio comprendere le frizioni che quotidianamente minano alle fondamenta la stessa esistenza dell’Unione, soprattutto in questo momento contingente, dove il coronavirus a messo a nudo gli egoismi nazionali, la mancanza di coordinamento e, soprattutto l’assenza di un progetto strategico di medio-lungo respiro. Certamente possiamo affermare che in questi ultimi anni le congiunture internazionali, i processi speculativi operati da holding della finanza, le difficoltà economiche insite nelle politiche di corto respiro di alcuni Stati membri, hanno procurato delle crepe che appaiono insanabili avendo, tra l’altro, trovato alleati insperati in una platea ben nutrita di “sovranisti” che sembra crescere ogni giorno di più, alimentata da politiche finanziarie estremamente rigide che di fatto bloccano le vie dello sviluppo e del lavoro.

Da qualche lustro in Europa vi è stata una completa abdicazione della politica a favore dell’economia, tale squilibrio ha mortificato particolarmente gli Stati più deboli, rafforzando l’egemonia di quelli dell’Europa settentrionale, notoriamente inclini alle rigidità dei bilanci. Questo processo ha avviato un perverso meccanismo che può essere spiegato mutuando dalla chimica il processo di reazione, allorché si assegni il ruolo di catalizzatore positivo all’ascesa dei “populismi”, e al proliferare dei “sovranisti”, e quello di catalizzatore negativo destinato ai farraginosi meccanismi di controllo dell’economia dell’Unione.

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Il “vecchio continente” mostra ampiamente la sua età, le crepe di un’Europa incapace di migliorarsi nel tempo, restando abbarbicata a concetti e meccanismi desueti; tali fenomeni non sono presenti solo nella storia recente a causa delle azioni da intraprendere per combattere la pandemia da coronavirus, ma anche nel passato, quando Stati membri non ottenendo risposte positive alle loro richieste avviavano azioni ostruzionistiche per favorire le decisioni invocate. La storia meno recente ci testimonia, tra altre significative situazioni, che la Francia, nel luglio 1965 ritirò i suoi rappresentanti dai lavori del Consiglio, mettendo in atto la cosiddetta politica della “sedia vuota”, per sostenere l’idea di De Gaulle che postulava un ruolo della Commissione europea diverso.

Il contesto in cui si muovono gli Stati Europei rischiano l’implosione, il processo sta subendo una fortissima accelerazione dovuta all’arroccamento dei singoli stati per la lotta al coronavirus, che preferiscono una lotta in solitaria piuttosto che azioni comuni; bisogna con urgenza avviare una riforma di questa Unione, che non è classificabile in “Federale” né in “Confederale”, ma risulta un ibrido, sempre pronta a imporre regole assurde a discapito degli Stati membri, piuttosto che ricercare modelli idonei ad unire culture, storie, tradizioni e politiche diverse, garantendo la totale indipendenza, sovranità e rispetto.

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La storia è maestra nel testimoniare che le convivenze imposte a popolazioni differenti per origine e cultura, sono destinate a generare mostri che a loro volta generano più conflitti di quelli che ci si propone di evitare. Il “sogno europeo” è ancora possibile, con l’assurdo che a favorirlo sarà il flagello del coronavirus, sperando di avvicinare l’Europa a un modello che cancelli l’ibrido attuale, restituendo l’Unione alla supremazia della politica rispetto a quella dell’economia che tanti danni irrimediabili ha già prodotto.

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Dopo la pandemia da coronavirus nulla sarà più come prima, ma noi tutti dobbiamo continuare a sognare una Europa in cui si possa avere un unico esercito, una politica estera unitaria, percorsi formativi scolastici e universitari affini, salvaguardando quote significative di formazione proprie, una ricerca unica e non parcellizzata destinataria di risorse adeguate, spazi gratificanti da offrire ai giovani e quant’altro possa nel breve portarci alla realizzazione degli Stati Uniti d’ Europa.

Alessandro Calabrese

 

 

a cura del Prof. Alessandro Calabrese

 

 

Vice Presidente Nazionale della Democrazia Cristiana

Segretario Politico Regionale Democrazia Cristiana della Puglia